Vivere di Se, più che di conferme altrui
CRESCERE È SMETTERE DI CERCARE CONSENSI
Vivere di Sé, più che di conferme altrui.
“L’ uomo che può fare a meno di tutto, non ha paura di niente”, così recita una battuta espressa nella fiction di “Gomorra”. Abbandonando quel tipo di contesto da fiction inappropriato, diciamo che la rinuncia agli altri non è semplicemente un isolamento o una prevaricazione sugli altri ma, innanzitutto, una adesione a se, è interpellare e interrogare se stesso chiamandolo per nome all’ appello ad esistere.
La rinuncia agli altri nasce da necessità di sobrietà e di povertà rispetto a ciò che cambia, ha lo scopo di recuperare la propria identità e la propria salute.
La rinuncia agli altri ci rimanda all’ essenziale, alla nostra esistenza.
Nel nostro tragitto quotidiano, non possiamo scegliere di non soffrire, ma possiamo scegliere per cosa o per chi soffrire, in tale direzione la sofferenza avrebbe un significato.
Soffrire per soffrire, sarebbe comunque necessario dare alla sofferenza sempre un valore,
se essa deve esserci, che abbia un senso e la rinuncia al senso, può rappresentare la rinuncia a se.
Ad esempio, quando si ama un altro più di sé, l’altro diventa come le sabbie mobili, ci si perde in lui, viene meno il l’ autenticità della persona, crollano quelle certezze sull’ altro sulle quali si edificava, tremano i plinti, si riducono le riserve; si avverte l’ abbandono, quando si rimane arroccati sugli altri.
Ciò accade quando l’ altro viene rappresentato come il riempimento delle proprie mancate realizzazioni.
L’ appoggio sicuro dovrebbe essere garantito dal rinforzo della propria personalità, dai propri talenti e dalle proprie auto realizzazioni.
Contrariamente, non si vive per niente bene, si capitombola sugli specchi, si vive nella dimensione e direzione dell’ altro, si sceglie la sua strada come fosse la propria, si resta in una continua attesa estenuante che qualcosa di positivo accada, confondendo il proprio confine di identità, si subiscono gli eventi, si rimane appesi ad un filo, in una condizione di abbandono.
Si attende un cambiamento che non potrà mai avvenire fin tanto che l’altro non deciderà per noi.
Non è corretto concedere questo potere e questa opportunità a nessuno, se non a se stessi, e ciò può accadere solo nel momento in cui non si decide.
Vivere senza conferme, significa decidere. Molto spesso si sceglie un tipo di persona che paradossalmente riesce a fare a meno degli altri.
Una personalità mediamente forte, viene percepita come sicura, e diviene certa nel tempo. Ma la forza e la debolezza non esistono, esistono le libertà vicendevoli, ed ognuno diviene forte o debole se possiede il coraggio di ottenere o meno, il senso di se e della sua libertà, non arroccandosi su alcuno.
Chi accudisce nella sua modalità coatta, proclama l’ altrui e la propria debolezza e lascia intendere che all’ altro manchi qualcosa.
Si perde d’ interesse, per chi “vive” per gli altri, mostra di non possedere autonomia e maturità affettiva, perde energie, tempo e si dispera, colpevolizzando gli altri come fossero la causa del proprio malessere, svalutando e squalificando le proprie opportunità di crescita e di superamento.
Sapersi prendere cura di se, è il più grande atto di dignità personale, di libertà e di maturità affettiva.
giorgio burdi
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