CHANGE
L’ Arte di cambiare per star bene
Uno studio recente della Duke University ha attestato che il bruco comprende di esser giunto al momento della muta, quando avverte una sorta di “fame d’aria”. Il suo corpo inizia a diventare più grosso, ma l’apparato respiratorio e, in particolar modo, la trachea non varia assolutamente di dimensione. Si è verificato che il momento del cambiamento prende avvio, così, da un sintomo fastidioso.
In parallelo, Otto Rank, negli anni venti del secolo scorso, parlò, in termini psicanalitici del trauma della nascita: la prima cosa conosciuta, dal neonato, è il dolore del mutamento, del passaggio dalla sicurezza dell’utero materno all’ostilità e alla freddezza del mondo.
Il cambiamento comporta dolore. Lo si trova inciso nella legge naturale ed intraprendere un cammino psicoterapeutico è trovarsi faccia a faccia con la propria sofferenza, perfino con la remissione di alcuni sintomi, se non con il riaffacciarsi del disturbo che ci ha spinto a chiedere aiuto allo specialista.
Curare la ferita fa male, ma il dolore non può costringerci a restare bendati a vita.
È un primo passaggio del cambiamento, su cui parecchi ciarlatani marciano, proponendo ai pazienti, nuove e miracolose cure per la completa dissoluzione delle difficoltà che li affliggono. Basta girare le strade di internet per fare esperienza delle soluzioni più disparate: dalla sicura virilità ottenuta grazie a antiche bacche indiane, alle portentose boccette di ossigeno dell’Himalaya, alla dieta anti-ansia, all’elisir di lunghezza e così via.
Ci marciano anche i dottori usciti dalla cosiddetta Università della vita che con un solo seminario sul monte Vattelappesca, per cifre esorbitanti, rimuovono dall’inconscio ogni impurità e atavica calcificazione. Ognuno è libero di cambiare continuamente terapia, ma egli stesso noterà che, a breve o lungo termine, seppur sotto un’altra luce, le cose continueranno a non cambiare. I comportamenti di “auto-sabotaggio” servono solo a dilatare i tempi di una terapia efficace e risolutiva.
La resistenza al cambiamento va vissuta e ricompresa solo nell’ottica di quello che si è acquisito durante le singole sedute di psicoterapia, non può essere altrimenti, anzi, questa breve insofferenza è l’unico riscontro tangibile che si sta procedendo verso una positiva ristrutturazione del pensiero, una strada nuova rispetto alle soluzioni provvisorie che la mente ha saputo darsi fin qui.
Bisogna scavare, assestarsi, “generare risposte emotive alternative” (come dice la terapia emozionale di Greenberg) per consolidare il processo iniziato con lo psicoterapeuta.
Accogliere il dolore del cambiamento è imparare a non arrendersi, a mettersi in gioco; è imparare a rialzarsi, a sfidare paure e timori con la pratica della semplicità, ovvero, trovando dentro di noi, la risposta ai sintomi delle varie difficoltà, siano esse ansie, fobie, problemi di coppia, tristezze, lutti o difficoltà sessuali.
Non cerchiamo in eterno ciò che ci potrebbe far rivivere. Ad ogni uomo basta vivere. Per ogni vita c’è un solo uomo.
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