Quando pensiamo all’impulso siamo soliti pensare a qualcosa di negativo, incontrollabile e pauroso.
Qualcosa che ci mette a disagio perché, spesso, ci mette faccia a faccia con i nostri desideri più profondi e le nostre voglie taciute.
L’elemento di paura e distacco è dovuto dalla tendenza alla negazione dei nostri impulsi e dei nostri desideri.
Abbiamo imparato fin da piccoli che spesso poco importa ciò che vogliamo fare, pensare, ottenere; abbiamo imparato che importa ciò che ci si aspetta da noi; impariamo che per ottenere amore, approvazione, affetto dobbiamo cercare di eludere aspetti della nostra persona e della nostra volontà in modo da accontentare.
Questo ci porta spesso a non ascoltarci, ad essere sordi verso il nostro Sé profondo, ci porta a dar voce al nostro Sé apparente, che si è formato sulla ricerca dell’accettazione altrui.
Il Sé che indossiamo come maschera e che ci illudiamo ci rispecchi, che presentiamo agli altri e che cerchiamo di mantenere integro con tutte le nostre forze.
Per far ciò dobbiamo necessariamente mettere a tacere il nostro impulso e desiderio più profondo e vero; lo mettiamo lì in un angolo sperando di averlo imbavagliato al meglio.
Ma sappiamo che è lì, che trama e cuce anche se in silenzio. Sentiamo che sbatte i piedi come un bambino che chiede ascolto e attenzione.
Il bambino non ascoltato, prima o poi arriva ad urlare per dimostrare la sua esistenza. Così i nostri impulsi.
L’irruenza e l’incontrollabilità dei nostri desideri e impulsi deriva dal fatto che non siamo abituati ad ascoltarli e realizzarli, per aderire alle richieste altrui, che interiorizziamo e facciamo nostre.
Per paura di mostrare chi siamo davvero, cosa possiamo ottenere e dove, inevitabilmente, non possiamo arrivare evitiamo il contatto, l’esperienza e ci “accartocciamo” su noi stessi.
Se non ci imbarchiamo in eventi ed esperienze non possiamo rimanerne delusi ed evitiamo di esporci alla disapprovazione o alla costrizione di essere ciò che non siamo.
Tratteniamo tutto all’interno, non lasciamo fluire e ci ingolfiamo. Siamo tesi, arrabbiati, tristi… siamo pieni, pesanti.
La chiave, in questo, è la consapevolezza del diritto a poter essere chi scegliamo e vogliamo essere: essere consapevoli della nostra persona ci permette di capire le nostre potenzialità e i nostri limiti, inevitabili.
Ci permette di vivere senza la paura del fallimento, con la possibilità di dar voce alla nostra volontà e ai nostri desideri, che non sono quel bambino che scalpita e si dispera ma sono pozzo a cui attingere per la dimensione di piacere che dovremmo ricercare nelle nostre azioni e nei nostri progetti.
Ascoltarci e capirci non è cosa semplice. È sforzo continuo, è esercizio e tentativo.
Ascoltarci significa permetterci di sbagliare e di essere felici, arrabbiati, scontrosi, affettuosi. È dar vita a ciò che proviamo con una canzone, con un dipinto, con una lettera.
È creazione e creatività.
Siamo arte, se solo ci dessimo la possibilità di essere, senza la ricerca spasmodica di specifiche modalità di espressione.
Fabiana Manghisi
Tirocinante presso lo Studio Burdi
Laurea Magistrale in Psicologia Clinico-Dinamica
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