Metodo di approccio di psicoterapia dello Studio BURDI
per
SUPERARE L’AMAXOFOBIA (LA PAURA DI GUIDARE)
Cos’è l’amaxofobia
L’amaxofobia, o la paura di guidare, è un disturbo che può presentarsi come fobia singola o può inserirsi in un quadro psicologico più ampio, spesso correlato ad altre fobie, quali l’agorafobia, la claustrofobia e ad altri disturbi ansiosi, come l’ansia generalizzata, l’ansia sociale, l’ansia di separazione.
In alcuni casi, l’amaxofobia può essere la conseguenza di un trauma in seguito ad un incidente, vissuto in prima persona o al quale si è assistito.
E’ interessante notare che la paura di guidare non è una paura senza fondamento, esiste obiettivamente un potenziale pericolo associato alla guida di un veicolo, di cui è bene essere consapevoli, tuttavia nell’amaxofobia la paura prende delle proporzioni eccessive e invalidanti, poiché il soggetto prospetta eventi catastrofici e irreparabili, spesso irrealistici.
Essa si traduce in sintomi quali tremori, sudore, nodo alla gola, battiti accelerati, difficoltà di respirazione, associate a idee angoscianti, che possono poi sfociare in veri e propri attacchi di panico.
In generale le persone che hanno questo disturbo utilizzano delle strategie di evitamento, quali l’utilizzo di altri mezzi di trasporto o la dipendenza per gli spostamenti da amici e familiari.
Tuttavia laddove le strategie di evitamento siano difficilmente praticabili, l’amaxophobia può risultare fortemente invalidante.
In molti casi la persona, terrorizzata dalla guida, finisce per dipendere da altri soggetti per i propri spostamenti, ottenendo in tal modo (più o meno consapevolmente) la vicinanza funzionale delle persone care, oppure finisce per isolarsi e chiudersi in un perimetro di oggetti vicini e familiari, potenzialmente sicuri.
Sebbene il risultato sia lo stesso in termini di incapacità oggettiva a intraprendere la guida, in pratica l’amaxofobia può sottendere paure diverse correlate alla situazione di trovarsi da soli nella gestione del mezzo: paura di perdere il controllo, di investire e/o uccidere qualcuno, di causare un incidente grave, paura della velocità, paura di non poter fuggire, paura di attraversare viadotti o tunnel, paura di allontanarsi da casa.
Possiamo dire che vi è globalmente una distorsione cognitiva in cui vi è e una sovrastima della probabilità che un pericolo importante si presenti e una sottostima della propria capacità di gestire la situazione. Anzi, in molti casi il soggetto amaxofobo, identifica nella propria persona la fonte del pericolo stesso.
L’amaxofobia va dunque a toccare una rappresentazione, quella della propria incompetenza nella gestione di una situazione specifica che implica un ruolo di “conducente”. Per questa ragione essa ha spesso anche un valore simbolico rispetto ad altri ambiti della vita.
Infatti non è trascurabile l’impatto nell’insorgenza di tale fobia, di aspetti di attribuzione di ruolo sviluppati in particolari contesti familiari e/o culturali, che devono essere presi in considerazione in modo privilegiato nell’approccio terapeutico del disturbo stesso.
Infine, nell’amaxofobia si attiva in maniera dirompente il senso della propria fragilità esistenziale, spesso rimosso in altre attività della vita quotidiana,
Questi aspetti rivelano da un lato una problematica nell’investimento interno: l’utilizzo di un mezzo di trasporto solidale con il proprio corpo, è percepito come estensione di sé e pertanto inaffidabile, incontrollabile e potenzialmente auto ed etero-lesivo. Dall’altro evidenziano anche una problematica nell’investimento esterno, dove la frustrazione derivante dagli oggetti esterni, potrebbe essere verosimilmente all’origine del proprio senso di inadeguatezza e di incompetenza.
Come si cura
Per il trattamento dell’amaxofobia, dal punto di vista sintomatico, è di fondamentale importanza aiutare il paziente a trovare quegli strumenti idonei a ripristinare il senso di sicurezza e di fiducia in sé stesso e nella propria capacità di investirsi positivamente in una realtà più ampia del perimetro consolidato.
In particolare la psicoterapia può aiutare il paziente a riacquisire la consapevolezza delle proprie competenze
-valorizzandone il potenziale
– evidenziando le distorsioni cognitive proprie, familiari e/o culturali che possono avere favorito il consolidamento del disturbo
-stimolando il superamento progressivo di alcune limitazioni che il paziente vive nella sua quotidianità e favorendo in questo modo la qualità e la quantità degli investimenti esterni
Il lavoro psicoterapeutico può essere coadiuvato dall’ipnoterapia, la cui efficacia è stata dimostrata nel trattamento di diverse fobie specifiche. Questa permette infatti di generare sicurezza nel paziente, favorendo l’accesso alla consapevolezza delle proprie paure e ad un maggiore controllo dei propri stati ansiosi a queste connessi (1).
A supporto della psicoterapia può inoltre essere presa in considerazione la terapia in realtà virtuale, VRT (Virtual Reality Therapy), che consiste nell’immergere il paziente in un’esperienza virtuale in 3D. L’esperienza di guida così riprodotta consente al paziente di affrontare progressivamente le situazioni ansiogene in un ambiente sicuro.
Qualora l’insorgenza del disturbo fosse correlata ad un’esperienza traumatica, è bene piuttosto considerare trattamenti terapeutici specifici per il trattamento del trauma come la terapia di desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari, EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) od il Somatic experiencing(2) mirate al trattamento dello stress post-traumatico e alla riduzione della carica emotiva dei ricordi disturbanti.
Sintesi a cura di:
Dott.ssa Laura Cecchetto
Tirocinante di Psicologia presso Studio BURDI
- Spiegel, E.B. (2016) International Journal of Clinical and Experimental Hypnosis, 64(1), 45-74
- Levine, P. A. (2010). In an unspoken voice: How the body releases trauma and restores goodness. North Atlantic Books.
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