La Sindrome di Stoccolma
Quando la vittima diventa complice: analisi della sindrome di Stoccolma
La sindrome di Stoccolma è una reazione psicologica che si verifica quando una persona viene tenuta prigioniera. In questa situazione, la vittima sviluppa una connessione emotiva con il rapitore e può anche iniziare a provare simpatia nei suoi confronti.
Oltre alla situazione originale di rapimento, la sindrome di Stoccolma può manifestarsi in altri tipi di traumi in cui c’è un legame tra l’aggressore e la persona abusata.
Molti professionisti della salute mentale considerano questi sentimenti positivi un meccanismo di adattamento che usa per sopravvivere a lunghi periodi di abuso o trauma.
Come ha preso il nome la sindrome di Stoccolma?
Questa sindrome prende il nome dall’incidente di una rapina in banca avvenuta nel 1973 a Stoccolma, in Svezia. Durante i sei giorni di stallo con la polizia, molti impiegati della banca presi in ostaggio svilupparono una simpatia nei confronti dei loro rapitori.
Dopo essere stati liberati, alcuni di loro si rifiutarono di testimoniare contro i rapinatori in tribunale e persino raccolsero fondi per la loro difesa.
Un criminologo e psichiatra che ha studiato questo evento ha coniato il termine “sindrome di Stoccolma” per descrivere il sentimento di affinità che alcuni ostaggi sviluppano verso i loro rapitori.
Sintomi e cause
La sindrome di Stoccolma è una reazione psicologica a un evento traumatico in cui una persona sviluppa una connessione emotiva con il suo aggressore. I sintomi possono includere:
Ci sono diverse teorie sulla causa della sindrome di Stoccolma, ma in generale si crede che sia il risultato di un meccanismo di difesa psicologico utilizzato dalle vittime per sopravvivere a un evento traumatico.
Questo meccanismo di difesa può essere potenziato da vari fattori, come la durata del periodo di ostaggio, l’isolamento sociale, la minaccia alla sicurezza fisica e il controllo coercitivo esercitato dall’aggressore.
In generale, la sindrome di Stoccolma si verifica più comunemente in situazioni di prigionia, sequestro, rapimento o violenza domestica, ma può anche verificarsi in altre forme di abuso emotivo o fisico.
Gestione e trattamento
La sindrome di Stoccolma può avere un impatto significativo sulla vita delle persone che ne soffrono. Poiché questa condizione può portare ad affinità e sentimenti positivi verso i rapitori o gli aggressori, può essere difficile per la persona affetta riconoscere la pericolosità del loro aggressore e allontanarsi dalla situazione abusiva.
Ciò può portare a un pericolo fisico e psicologico a lungo termine per la persona coinvolta.
Inoltre, la sindrome di Stoccolma può causare sintomi simili a quelli del disturbo da stress post-traumatico (PTSD), come flashback, ansia, irritabilità e difficoltà a concentrarsi, che possono influenzare negativamente la qualità della vita.
Le persone con sindrome di Stoccolma possono anche sviluppare sentimenti negativi nei confronti delle figure autoritarie, come la polizia, il che può causare problemi nelle relazioni sociali e lavorative.
Tuttavia, con il trattamento adeguato, la sindrome di Stoccolma può essere gestita e gli effetti a lungo termine possono essere ridotti.
La sindrome di Stoccolma può essere trattata da un professionista della salute mentale attraverso diverse opzioni di trattamento.
Una di queste opzioni è la psicoterapia, che può aiutare a esplorare i pensieri e i sentimenti legati alla situazione traumatica e sviluppare strategie per affrontare gli effetti a lungo termine della sindrome di Stoccolma. In alcuni casi, i farmaci possono essere utili per gestire i sintomi associati alla sindrome di Stoccolma, come la depressione, l’ansia e l’insonnia.
In generale, la gestione e il trattamento della sindrome di Stoccolma dipendono dalla gravità dei sintomi e dalla situazione specifica in cui la persona si trova.
Valentina Cicerone.
Tirocinante di psicologia.
presso Studio Burdi
Il Feticismo del Piede
Il feticismo del piede è un tipico interesse sessuale che coinvolge l’ attenzione e l’attrazione per i piedi. Le persone che hanno questa preferenza possono sentirsi eccitate guardando i piedi, le dita dei piedi e le caviglie. Tuttavia, la specificità di questo tipo di feticismo può variare da individuo a individuo.
Possono trovare attraenti i piedi decorati con unghie dipinte, gioielli o altri ornamenti, mentre altre possono trovare eccitante il massaggio o l’adorazione dei piedi.
Quanto è comune?
Il feticismo del piede è un tipo di preferenza sessuale che viene comunemente discusso e compreso rispetto ad altri tipi di feticci. Infatti, viene considerato un nodo sessuale tradizionale. Uno studio ha rivelato che i feticci legati alle parti del corpo umano sono tra i più diffusi, e tra questi, il feticismo del piede, o podofilia, rappresenta quasi il 50% delle preferenze.
Perché questa attrazione sessuale per i piedi?
Proprio come con le preferenze di abbigliamento o gli stili musicali, i nodi sessuali variano da persona a persona. Per chi ha un feticismo del piede, questa parte del corpo può essere estremamente eccitante.
Ma cosa c’è di tanto attraente nei piedi?
Molti esperti hanno offerto alcune teorie per spiegare questa attrazione. Una delle ragioni potrebbe essere biologica: i piedi sono ricchi di terminazioni nervose, il che significa che toccarli, massaggiarli o solleticarli può essere molto piacevole.
Inoltre, alcune persone potrebbero trovare il gioco dei piedi come un’esperienza intima e sensuale. Allo stesso tempo, per altri, il feticismo del piede potrebbe avere un aspetto psicologico.
I piedi sono spesso considerati come una parte “umile” del corpo, e questo può creare una dinamica di potere in cui la sottomissione e l’umiliazione possono essere vissute come estremamente eccitanti.
tipi comuni di feticismo dei piedi
Il feticismo dei piedi è una forma comune di feticismo sessuale e può manifestarsi in molti modi diversi:
Il feticcio dei piedi in una relazione
Il feticcio dei piedi è un interesse sessuale comune tra molte persone, ma ancora spesso considerato tabù dalla società.
Molte persone si vergognano di avere questo feticcio, ma in realtà non c’è nulla di cui sentirsi in colpa. È importante sottolineare che il feticcio dei piedi non è una patologia, né un disturbo mentale, ma un’attrazione sessuale che può essere completamente sana e normale.
Tuttavia, quando si tratta di introdurre questo interesse all’interno di una relazione, può essere difficile per molte persone trovare il coraggio di parlare apertamente del proprio desiderio.
Come con qualsiasi altra fantasia sessuale, è fondamentale discutere in modo aperto e onesto e trovare un compromesso che funzioni per entrambi.
In conclusione, il feticcio dei piedi è un interesse sessuale comune e normale che non dovrebbe essere fonte di vergogna o giudizio. Con una comunicazione aperta e rispettosa all’interno di una relazione, può essere un modo divertente e soddisfacente per esplorare la propria sessualità.
Cosa fare se il feticismo diventa un problema?
Il feticismo diventa un problema quando diventa una fonte di stress, ansia o interferisce con la vita quotidiana della persona. Ciò può accadere se il feticismo diventa un’ossessione che domina la vita della persona e interferisce con le sue relazioni interpersonali, il lavoro e le attività quotidiane.
Inoltre, se la persona non riesce a controllare il proprio comportamento feticista o se il feticismo causa angoscia o disagio psicologico, può essere utile cercare aiuto professionale.
In generale, il feticismo non rappresenta un rischio per la salute mentale, e può essere considerato come una forma di piacere, intimità e gioco tra partner consenzienti.
Tuttavia, in alcuni casi, il soggetto può provare sentimenti contrastanti riguardo alla propria deviazione psicologica, e desiderare di eliminarla. In questi casi, la psicoterapia può essere un’opzione interessante per analizzare il passato, il presente, la personalità e le relazioni dell’individuo.
Inoltre, per coloro che provano tali sentimenti contrastanti, è possibile cercare ausilio esterno per migliorare la relazione sentimentale e l’intimità con il proprio partner.
Valentina Cicerone
Tirocinante di psicologia presso lo
Studio BURDI
Iscriviti Sul Canale Telegram Studio BURDI
ISCRIVITI QUI SU TELEGRAM
PER TENERTI AGGIORNATO SUGLI
ARTICOLI DELLO STUDIO BURDI
DIGITA SULL’ ICONA QUI SOTTO
ED UNISCI
SE NON HAI L’ APP, CERCA TELEGRAM
ED INSTALLALA
PER :
IPHONE DA APP STORE
ANDROID DA PLAY STORE
SE NON GRADISCI RICEVERE PIÙ QUESTA NEWS LETTER PER GLI ARTICOLI DELLO STUDIO BURDI DISICRIVITI QUI SOTTO
ContinuaShopping Compulsivo
Quando l’acquisto diventa una dipendenza
Cos’è lo shopping compulsivo?
Lo shopping compulsivo, o dipendenza dallo shopping, è un disturbo caratterizzato da un’eccessiva tendenza all’acquisto, che può influenzare negativamente la qualità della vita di una persona.
Mentre alcune persone con questa condizione sviluppano una preferenza per determinati prodotti, come orologi o cibo, altri comprano in modo compulsivo senza restrizioni.
In ogni caso, il disturbo dell’acquisto compulsivo può avere effetti negativi sulle finanze personali e sulle relazioni sociali.
Pur non essendo ufficialmente riconosciuto dal DSM, il disturbo da acquisto compulsivo è considerato un problema legittimo dai professionisti della salute mentale. Questa condizione può avere un impatto duraturo sugli individui e sui loro cari, e le opzioni di trattamento sono simili a quelle per altre dipendenze comportamentali.
Segni distintivi della spesa compulsiva
Ecco alcuni possibili segni distintivi della spesa compulsiva:
1. Acquisti impulsivi e irrazionali: la persona che soffre di spesa compulsiva può fare acquisti senza una reale necessità o senza considerare le conseguenze finanziarie.
2. Preoccupazione eccessiva per lo shopping: chi soffre di spesa compulsiva può passare molto tempo a pensare al prossimo acquisto o a pianificare i propri acquisti.
3. Sensazione di sollievo temporaneo: l’acquisto può portare una sensazione di sollievo temporaneo, ma che viene seguita da una sensazione di colpa o di rimorso.
4. Difficoltà a resistere all’impulso di acquistare: la persona che soffre di spesa compulsiva può avere difficoltà a resistere all’impulso di acquistare, anche se non ci sono soldi sufficienti o se l’acquisto non è necessario.
5. Acquisti ripetitivi o ossessivi: la persona che soffre di spesa compulsiva può acquistare lo stesso prodotto in modo ripetitivo o ossessivo, o può avere un’ossessione per determinati negozi o marche.
6. Nascondere o mentire sui propri acquisti: chi soffre di spesa compulsiva può nascondere gli acquisti ai propri cari o mentire sui costi reali degli acquisti.
7. Utilizzo di carte di credito o prestiti: la persona che soffre di spesa compulsiva può utilizzare carte di credito o chiedere prestiti per finanziare gli acquisti, anche se non ci sono i soldi per pagarli.
8. Sensazione di perdita di controllo: la persona che soffre di spesa compulsiva può avere la sensazione di perdere il controllo sulla propria vita e sui propri acquisti.
9. Problemi finanziari o debiti: la spesa compulsiva può portare a gravi problemi finanziari, come indebitamento e difficoltà a pagare le proprie bollette o le proprie spese quotidiane.
Fattori di rischio
Ci sono diversi fattori di rischio che possono contribuire allo sviluppo di uno shopping compulsivo:
10. Ansia e depressione: le persone con disturbi d’ansia o depressione possono utilizzare lo shopping come mezzo per alleviare i loro sintomi.
11. Bassa autostima: le persone con bassa autostima possono cercare di aumentare il loro senso di autostima attraverso l’acquisto di beni materiali.
12. Storia di abuso: le persone che hanno subito abusi fisici, sessuali o emotivi possono utilizzare lo shopping come mezzo di fuga o di conforto.
13. Storia familiare: le persone che hanno familiari con problemi di dipendenza, tra cui dipendenza dallo shopping, possono essere più inclini a sviluppare lo stesso comportamento.
14. Problemi finanziari: le persone che si trovano in difficoltà finanziarie possono utilizzare lo shopping come mezzo per affrontare lo stress e la tensione.
15. Pressione sociale: la pressione dei social media e della società in generale per avere e mostrare beni di consumo costosi può portare alcune persone a sviluppare comportamenti di acquisto compulsivo.
16. Accesso facile al credito: la disponibilità di carte di credito con limiti di credito elevati può facilitare l’acquisto di beni anche quando non si dispone di denaro sufficiente per farlo.
Come fermare lo shopping compulsivo
Fermare lo shopping compulsivo può essere una sfida, ma ci sono alcune strategie che possono aiutare a gestire questa dipendenza:
17. Identificare le emozioni negative che scatenano lo shopping compulsivo: l’ansia, la depressione, la noia o la solitudine possono essere alla radice dello shopping compulsivo. Identificare queste emozioni e trovare modi alternativi per gestirle può aiutare a ridurre l’impulso di fare acquisti.
18. Creare un budget e rispettarlo: è importante stabilire un limite di spesa realistico e rispettarlo. Evitare di utilizzare le carte di credito e optare per metodi di pagamento alternativi, come il contante o le carte prepagate.
19. Fare una lista della spesa e rispettarla: prima di fare acquisti, fare una lista dettagliata degli articoli necessari e rispettarla. Evitare di acquistare oggetti impulsivamente che non sono nella lista.
20. Evitare di frequentare luoghi di shopping: evitare di frequentare centri commerciali e negozi può aiutare a ridurre l’impulso di fare acquisti.
21. Chiedere aiuto: il supporto di amici e familiari può essere utile per affrontare lo shopping compulsivo. Inoltre, rivolgersi a uno psicologo specializzato in dipendenze può aiutare ad affrontare e gestire la dipendenza.
Ricorda che fermare lo shopping compulsivo richiede tempo e impegno, ma è possibile gestirlo e superarlo con le giuste strategie e il supporto adeguato.
Quando cercare un aiuto professionale
Le dipendenze comportamentali possono essere fonte di vergogna e disagio per molte persone, il che può renderle riluttanti a cercare aiuto.
Tuttavia, se stai lottando per controllare il tuo comportamento di shopping compulsivo e senti che sta influenzando la tua vita quotidiana, potrebbe essere il momento di considerare la possibilità di cercare aiuto professionale.
Inizia cercando un terapeuta specializzato nel trattamento delle dipendenze comportamentali.
Molte di queste persone utilizzano tecniche terapeutiche cognitive e comportamentali per aiutare i clienti a identificare i fattori scatenanti che portano al comportamento di shopping compulsivo e implementare strategie di coping alternative.
Valentina Cicerone
Tirocinante di psicologia presso Studio Burdi
La Disfunzione Erettile
Erezioni in difficoltà: comprendere la disfunzione erettile e le opzioni di trattamento
Che cos’è la disfunzione erettile?
La disfunzione erettile, nota anche come ED, è un problema sessuale comune tra gli uomini che si manifesta quando si ha difficoltà ad ottenere o mantenere un’erezione sufficientemente dura per il sesso.
Non è normale se l’ED si verifica regolarmente o è progressiva nel tempo e dovrebbe essere trattata.
Le cause possono essere molteplici, tra cui limitazioni del flusso sanguigno al pene o danni ai nervi, stress emotivo o come avvertimento precoce di una malattia più grave come arteriosclerosi, malattie cardiache, ipertensione o glicemia alta da diabete.
Trovare le cause della disfunzione erettile aiuta a trattare il problema e migliorare il benessere generale, e ciò che è buono per la salute del cuore è anche buono per la salute sessuale.
Sintomi
La disfunzione erettile (DE) è una condizione in cui è difficile ottenere o mantenere un’erezione sufficientemente solida per avere un rapporto sessuale.
Se questa difficoltà si verifica in modo regolare e diventa un problema fastidioso, è importante parlare con un medico di base o un urologo. La DE può essere un
segnale di avvertimento di malattie cardiovascolari e può indicare un accumulo di blocchi nel sistema vascolare di un uomo.
Infatti, alcuni studi hanno dimostrato che gli uomini con DE hanno un rischio maggiore di infarto, ictus o problemi circolatori alle gambe.
Inoltre, la DE può provocare una bassa autostima, depressione e angoscia per l’uomo e la sua compagna.
Se la DE sta influenzando il benessere di un uomo o delle sue relazioni, è importante cercare un trattamento che possa correggere o migliorare la funzione erettile, aiutare la salute circolatoria e migliorare la qualità della vita dell’uomo.
Cause
La disfunzione erettile (ED) può essere causata da problemi di salute, problemi emotivi o da una combinazione di entrambi.
Ci sono diversi fattori di rischio noti che possono contribuire alla comparsa dell’ED, tra cui l’età (in particolare oltre i 50 anni), livelli elevati di zucchero nel sangue (diabete), alta pressione sanguigna, malattie cardiovascolari, alti livelli di colesterolo, fumo, consumo di droghe o alcol e obesità.
Tuttavia, l’invecchiamento non sempre causerà l’ED e alcuni uomini rimangono sessualmente attivi fino ai loro 80 anni.
La disfunzione erettile può essere un segnale precoce di un problema di salute più serio, quindi trovare e trattare la causa sottostante della ED è un passo importante per la salute sessuale e generale.
Cause emotive
La disfunzione erettile può essere causata o aggravata da problemi emotivi o relazionali. Per un sano rapporto sessuale, la mente e il corpo devono lavorare insieme. Alcuni problemi emotivi che possono causare DE includono:
Impatto sulla vita dell’uomo
La disfunzione erettile (DE) può avere un impatto significativo sulla vita di un uomo. In primo luogo, può influire sulla sua capacità di avere una vita sessuale soddisfacente, causando ansia e frustrazione.
La DE può anche influenzare negativamente la sua autostima e la sua fiducia in se stesso come amante e come uomo.
Può anche causare tensione e conflitti nelle relazioni di coppia, poiché il partner potrebbe sentirsi respinto o indesiderato.
Inoltre, la DE può essere un segnale di avvertimento di malattie cardiovascolari, che possono avere conseguenze gravi sulla salute.
La ricerca ha anche dimostrato che gli uomini con DE hanno un rischio maggiore di depressione e altri disturbi psicologici.
Pertanto, se la DE sta influenzando la qualità della vita di un uomo, è importante cercare aiuto medico per identificare e trattare la causa sottostante e migliorare la funzione sessuale e la salute generale.
Impatto sulla vita di coppia
La disfunzione erettile non deve essere un tabù perché è una condizione medica comune che può influire sulla qualità della vita di un uomo e della sua compagna. Molti uomini provano vergogna o imbarazzo a parlarne e cercare aiuto medico, ma ignorare la DE può portare a problemi di salute più gravi e persino a depressione e ansia.
Inoltre, la DE può essere causata da una varietà di fattori, tra cui problemi di salute e fattori emotivi, e può essere trattata efficacemente con una combinazione di cambiamenti dello stile di vita, terapie comportamentali e farmaci.
Con la giusta assistenza medica e il supporto emotivo, la maggior parte degli uomini può superare la DE e tornare a una vita sessuale soddisfacente.
Trattamento della DE
Ci sono diversi trattamenti disponibili per la disfunzione erettile (DE) e la scelta dipende dalla causa sottostante e dalle preferenze del paziente.
È importante parlare con il medico per determinare quale trattamento potrebbe essere più appropriato e sicuro per ogni situazione.
Ricorda…
La disfunzione erettile non deve essere un tabù perché è una condizione medica comune che può influire sulla qualità della vita di un uomo e della sua compagna. Molti uomini provano vergogna o imbarazzo a parlarne e cercare aiuto medico, ma ignorare la DE può portare a problemi di salute più gravi e persino a depressione e ansia.
Inoltre, la DE può essere causata da una varietà di fattori, tra cui problemi di salute e fattori emotivi, e può essere trattata efficacemente con una combinazione di cambiamenti dello stile di vita, terapie comportamentali e farmaci. Con la giusta assistenza medica e il supporto emotivo, la maggior parte degli uomini può superare la DE e tornare a una vita sessuale soddisfacente.
Valentina Cicerone
Tirocinante di psicologia presso Studio Burdi
L’ Angolo della Poesia di Psicologia
IL CONTROLLO
Quando l’angoscia di perdere brucia
ed il vuoto interiore dilaga,
quando un altro t’infonde sfiducia
e con noncuranza i tuoi sforzi ripaga,
ti vedi costretto a porre rimedio,
quasi come ne avessi il diritto,
a trasformare l’amore in assedio
e il rispetto in un atto prescritto.
Dici a lei: «Mi nascondi qualcosa!
Credi forse mi lasci schernire?
O tu possa ingannarmi per bene?
Mi conosci, non starò fermo in posa
e non vedrò la tua brama tradire.
La tua vita oramai mi appartiene».
L’AMORE UNILATERALE
Il cuore, si sa, è un organo ribelle,
ti parla, t’illude e ti convince di tutto,
racconta imprese eroiche e belle novelle,
talvolta troppo grandi e passionali soprattutto, che al confronto col reale l’anima non regge.
Sì, perché se è vero che in amor non v’è legge, succede che lo slancio iniziale sia corrotto dal folle desiderio di facile riuscita di e come il prigionier che nota la crepa e pensa a un muro rotto e nella cella prende a scavare senza indugio in cerca dell’uscita, di quella libertà che tante notti insonni ha provocato,
così lo spirito del pretendente d’amor intestardito, cieco di passione e dal desiderio abbagliato, della terra che calpesta non si cura ma, rapito nella spinta del fatal delirio,
non s’accorge d’aver al suo cospetto anima d’altra fattura.
simone oliva
Continua
La Simbiosi
LA RELAZIONE SIMBIOTICA GENITORE FIGLIO
La simbiosi in psicologia identifica un rapporto di stretta dipendenza fisica e psicologica tra due individui.
La relazione simbiotica tra genitore e figlio, è in partenza una relazione che implica risorse impari, il cui instaurarsi può costituire una forte limitazione per lo sviluppo psicologico e per il percorso verso la realizzazione di sé del figlio, dall’infanzia fino all’età adulta.
D’altro canto il genitore simbiotico, spesso disinvestito dal rapporto col partner (l’altro genitore) vede e vive il proprio figlio come un’estensione di sé, fonte di riscatto da mancate realizzazioni e veicolo quasi scontato di gratificazione delle proprie aspettative e proiezioni.
In questo senso la relazione simbiotica con il genitore si profila come una relazione di potere, oltre che di mutua dipendenza, che per certi versi potrebbe essere assimilata ad una sorta di “incesto affettivo” in cui vi è un abusato e un abusante.
Essa può comportare infatti la parziale o la totale perdita di autonomia, del senso di identità profondo, del contatto con i propri desideri del figlio, poiché i desideri dell’uno e dell’altro si confondono, in un intreccio in cui i desideri di colui che ha un apparato psichico più sviluppato, prevalgono.
Il figlio coinvolto nella relazione simbiotica cresce e si sviluppa con una sorta di seconda coscienza, la cui voce si affianca e a volte si sostituisce alla propria, una voce da cui ricerca il consenso e senza il cui consenso prova senso di colpa e rabbia…alle cui richieste e alle cui intrusioni non sa dire di no, perché quel no è il tradimento di un patto di sangue…
Una seconda coscienza che non è la sua, ma che vede e sente tutto ciò che egli fa, che egli pensa, anche l’indicibile…che giudica e commenta, da cui non può sfuggire, non può nascondersi, perché questa è nel contempo sostegno e pegno. Affettuosa e spietata.
Il figlio simbiotico è spesso nostalgico e melanconico, accompagnato permanentemente da una sorta di tristezza abbandonica per quel distacco dal ventre materno/paterno che in realtà non è mai stato realizzato e che è paventato ogni qualvolta la vita richiede un atto di indipendenza, ma anche ogni qualvoltasi instaurano o si prospettano nuove relazioni che hanno bisogno di nutrimento e che richiedono l’uscita da quella posizione simbiotica, confortevole, ma anche condanna all’immobilità e alla rinuncia ad una vita originale autonoma e indipendente.
Sciogliere la relazione simbiotica comporta certamente la rottura di un equilibrio che necessita di essere gradualmente ripristinato.
Il figlio emancipato dalla relazione simbiotica puo’ iniziare a riscoprire e a riconoscere il gusto di un dialogo interiore puro con la propria coscienza, iniziare a fare scelte libere, liberate dallo sguardo e dalla voce dell’altro, liberate anche dalla paura della separazione dal genitore, con cui può, attraverso un opportuno accompagnamento, ristabilire una relazione diversa, alla pari, una relazione finalmente da “adulto”.
Sintesi a cura di:
Dott.ssa Laura Cecchetto
Tirocinante di Psicologia
presso Studio Burdi
Le Due Facce Della Medaglia
- LE DUE FACCE DELLA MEDAGLIA
Nelle vite di ognuno di noi è sicuramente capitato di ritrovarci in situazioni che compromettono il nostro buon umore, che siano problemi d’amore, perdite di persone care, provare solitudine o ambiguità quando si è all’interno di un gruppo di persone, problemi nel relazionarsi con gli altri, introversione, vergogna di sé stessi e così via. Ciò che bisogna capire è che qualsiasi cosa accada, essa ha un lato negativo ma anche (e soprattutto) positivo.
Di fronte a circostanze quali quelle elencate precedentemente il sentimento predominante è l’infelicità, un sentimento alquanto spiacevole da provare, ma non se si impara a gestirlo propriamente. Attraversare un momento triste, infatti, è il più efficace metodo di crescita che l’uomo possa avere a sua disposizione, solo se si sa girare la medaglia dall’altro lato. E per imparare a farlo bisogna scontrarsi con un nemico crudele e invisibile agli occhi: noi stessi. Si può capire in qualche modo come scoprire questa parte inconscia? Assolutamente sì.
Ognuno di noi ha un’identità, seppure non chiara e ben definita, a cui corrisponde un’altra esattamente contraria alla nostra o, in parole più spicciole, quella parte che non ritroviamo nella nostra identità perché non ci piace o perché estranea ad essa. Solitamente ci se ne accorge quando si ha a che fare con persone molto diverse da noi, ma il nostro obbiettivo è creare quella sorta di persona dentro noi stessi che corrisponda all’esatto opposto dei nostri gusti, del nostro comportamento, del nostro stile, cosicché si possano mettere più realtà a confronto. Tuttavia è corretto esplicitare anche quella parte che potrebbe risultare “maligna” o “tossica”, che è però da utilizzare solo a confronto con i suoi e mai da sola.
Dunque c’è bisogno prima di tutto di creare questo opposto, successivamente conoscerlo e infine saperlo sfruttare al meglio.Alcuni esempi possono rendere meglio l’idea di quanto affermato precedentemente.Di fronte alla rottura di una relazione amorosa, non bisogna dare spazio solo alla sofferenza, bensì anche a quella parte di noi stessi che ci sussurra che i vincoli comportati dalla precedente situazione sono sciolti, oppure, se la relazione è terminata, si può finalmente dire di aver messo un punto a tutti i disguidi e litigi che hanno portato alla rottura. E il tutto può essere migliorato ulteriormente dalla visione dell’amore non come unica ragione di vita ma come la più importante tra le relazioni sociali che si ha, senza escludere le altre meno importanti.
Nel caso di un lutto, la tristezza è imminente. Non sarà così intensa se non si vede il lutto come una perdita ma come un “passaggio” di valori e insegnamenti che il caro ha lasciato e fare in modo che diventino parte di noi, contrariamente a quando probabilmente, durante la vita, venivano ignorati o considerati di poco conto; una sorta di convivenza delle nostre voci interiori con la voce del caro, facendola parlare come se fosse accanto a noi in ogni momento ed esserne felici del ricordo, non tristi per la perdita.
È corretto parlare anche della vergogna di fare ciò che si desidera o ciò che ci piace. Partendo dal presupposto che molte delle persone che passeggiano casualmente non proveranno nessun particolare interesse nei confronti di altri passanti, dobbiamo sentirci più a nostro agio con l’ambiente che ci circonda. Non piacciamo a qualcuno? Per il semplice fatto che non ci adeguiamo alla massa? Adesso, parlando nello specifico di te, lettore, se ritieni di essere diverso da tutti, non pensi sia meglio? Non sarebbe così noioso essere uguale a tutti in comportamento, pensiero ed estetica? E ancora, tu lettore, ti sentiresti meglio ad esprimere te stesso appieno o a nascondere te stesso in quella grande categoria che non fa altro che adeguarsi?
Sono più che sicuro che la risposta è arrivata impulsivamente, da quel che si potrebbe definire “numero 1” della nostra persona, ovvero quel segmento di noi stessi che ci da risposte a situazioni senza analizzarle dal punto di vista razionale.
Qui la seconda faccia della medaglia si può facilmente riassumere con il detto “come ci sarà qualcuno a cui non piace quello che fai, ci sarà anche chi ti adorerà per quello che sei” -e aggiungo- “che ti supporterà per far si che ciò che ti piace si realizzi”. Sta solo a noi la scelta di aprirci affinché arrivi questo cambiamento, nessuno girerà la medaglia al nostro posto. E la vita è troppo breve per non essere vissuta da tutti i lati che ci permette di analizzare.
davide
ContinuaCredere in Se
CREDERE IN SE
Quando avevo 6 anni, avevo già deciso che da grande avrei fatto l’archeologa e che mi sarei laureata a 24 anni e poi a lavorare.
A 14 anni, avevo già deciso che sarei andata in Cina e che avrei imparato questa lingua.
Perché la Cina? Perché è lontano da tutti e perché è diversa, ma soprattutto li, posso contare solo su me stessa.
E’ andando in Cina che sono il più cresciuta: il primo viaggio da sola, iscritta all’università cinese (quasi) da sola, dovevo incontrare gente diversa per non stare da sola in un paese cosi lontano da tutto e da tutti quelli che conosco. Incontrare gente nuova.
Contare solo sulle mie forze, la mia determinazione e la mia volontà. Sono la sola della famiglia a sapere parlare, leggere e scrivere in cinese.
Ho tre lauree specialistiche: una in archeologia cinese (con un soggetto di tesi molto originale e di cui ero la prima in Europa a discutere di questo soggetto: la via dell’anima nelle tombe reali e principesche della dinastia dei Ming); una laurea sull’insegnamento del cinese per stranieri (con tesi sul fumetto cinese) e un’altra laurea sull’insegnamento del francese per stranieri (con tesi sulla scrittura creativa e la doppia identità linguistica degli studenti cinesi). La prima laurea mi è piaciuta tantissimo e sono andata in Cina a fare ricerca sul terreno, con una piccola borsa di studio per la mia ricerca: pieni voti, tutto ottenuto da sola.
La seconda e la terza laurea: ho odiato farlo perché l’ho fatto per trovare lavoro e mentre lavoravo. Università e lavoro e famiglia: ero diventato un robot. Forte, inarrestabile. Fino a cadere. In depressione perché non era quello che volevo fare.
Volevo andare in Cina a studiare bene la lingua e la cultura cinese, forse integrando davvero un’università, come studente e non più come insegnante. Mi piaceva molto insegnare la letteratura francese all’università. Ma mi piacerebbe di più fare un dottorato in archeologia cinese.
Ora non ci posso più andare, perché la Cina è chiusa. Perché mi sono chiusa in Cina. Perché ho odiato studiare il cinese durante la mia seconda laurea. E soprattutto: avevo smesso di credere in me.
Ora, ho deciso di credere di nuovo in me stessa.
Ripasso per la sesta volta l’HSK 6? Ci riprovo. Non più per averlo e basta, ma per me, perché ora che ho iniziato a studiare di nuovo il cinese con piacere, mi diverto e ho voglia di ritentarlo. Durante la scuola obbligatoria e alcuni anni universitari, non sono mai stata bocciata ma ogni anno ho rischiato di esserlo. Perché non sono stata bocciata? Perché mi conoscevo abbastanza da sapere che se avessi ripetuto l’anno, non avrei ascoltato e avrei fatto altro.
A 6 anni, sapevo scrivere meglio in geroglifico che l’alfabeto.
A 16 anni, malgrado i miei gravissimi problemi di italiano, ho scritto delle poesie e ho pubblicato un libro e un lettore l’ho incontrato, per caso, in Cina e un altro romanzo è in preparazione (la bozza è in correzione).
Queste promesse le ho fatte prima a me e solo a me stessa.
IO nascerò per me sola ancora nascerò, alcun vento mi potrà più fare male, ormai affronto il mare… A che passo sono oggi? La conferma del vero me.
A tutti quelli che dicono « Non ce la farai mai” oppure che credono di sé di non essere abbastanza: piuttosto che guardare com’è bella, figa e soprattutto falsa la vita degli altri sui socia media, ed invidiarli: è meglio osservare e ricercare attentamente la causa scatenante dell’invidia e brama di ambizione scaturita dal “Perché lui/lei si’ e io no?” e cercare di imitare il loro percorso di riuscita e successo piuttosto che parlare bene e razzolare male e soprattutto sputare rabbia repressa di auto-commiserazione inutile e compiaciuto vittimismo.
Ricorda: C’è qualcuno che sa quanto vali, quanto sei grande e quel che è più importante: che ti ama molto moltissimo. Te stesso.
Amarsi è scegliere la vita che si desidera e le persone con il quale condividerla, è saper apprezzare la compagnia delle persone che riconoscono il proprio valore e con cui è piace
eva blasi
ContinuaIl Silenzio
IL SILENZIO
Il silenzio è tacere, rappresenta l’ assenza di rumori, la pausa fra le note, è la zona d’ombra, l’angolo oscuro, lì dove le immagini non arrivano. Diremmo che è un interruttore, è il poter spegnere, staccare la spina col mondo, con tutto, esso ci impone un incontro ed un ascolto profondo di noi, ci sbatte in faccia noi stessi, può essere accoglienza e quiete, compitezza e contemplazione, o preghiera e raccoglimento.
Il silenzio è il nulla, è il concepimento della vita che sembrerebbe nascere da quel nulla, è il contenimento in un utero materno, la gestazione che raccoglie, è la carezza sopra il ventre, il battito sotto il palmo, il movimento della vita sotto pelle, è il sospiro che contempla la nascita, il grembo che contiene l’ urlo della nascita, il respiro appena percepito, tutto accade nell’ estremo placido silenzio.
È il silenzio a partorire il gemito della vita. Nell’ ascolto, il silenzio fa’ da sfondo, permette di vedere le immagini, le parole, come il passare il gomito sull’alone del vapore di uno specchio, è come il tergi cristallo che spazza via la pioggia dei pensieri che si infilzano addosso come dei detriti; il silenzio è accoglienza, quando c’è la disponibilità a voler mettere il proprio tempo al primo posto, a non farsi ingannare e distogliere dalle interferenze indesiderate e dagli imprevisti.
È accoglienza perché è un abbraccio con sé stessi e mette le mani avanti al mondo; il silenzio è quiete, quando lascia la mano a tutto ciò che è tensione fuori, quando molla con tutte le pressioni, diventa contemplazione e preghiera se cerca di tuffarsi nella propria vita; il silenzio è contenimento di sé, se riesce a scollare di dosso tutte quelle placche di incrostazioni che non sono proprie.
Il silenzio è un rumore bianco che ti ovatta, appare come un vuoto privo di suoni che percepisci lontano, ti ritrovi in un nulla nel quale galleggiare, dove poter dire “io non centro nulla con loro, sono mio”.. immerso come in un fondale, in un deserto ricoperto di dune, nuotare e galleggiare a filo d’ acqua, volare in pieno cielo terso o nuvolo, è planare delicatamente verso il suolo, è il buio dello spazio, è la luce intorno al perimetro dei pianeti, il silenzio è un suono taciuto è quell’ istante prima di addormentarsi, il sonno nella notte.
Col silenzio si rinasce. L’ urlo della nascita irrompe ed infrange il silenzio della casa uterina, irrompe l’isolamento e la solitudine, catapulta nei rumori, nei suoni, sul palcoscenico della vita. Una vita deve essere fatta di parole, di chiasso, di frastuoni, di bla bla bla, di folle che parlano fuori e parlano dentro, di nevrosi e conflitti fuori e dentro di noi, e da un silenzio assoluto, da un vuoto del ventre, all’ ingresso nel caos.
È il silenzio che offre la dimensione e il senso al caos, permette di scegliere e selezionare ciò che è buono e crea il bene. La vita è un continuo sgomitare e farsi spazio a spintoni tra situazioni orride, vacue e sgradevoli, ci impone sempre di fare delle scelte, di circondarci di ciò che è bello, vero, del tesoro sul fondo profondo, rispetto a ciò che violi la nostra esistenza, la derubi o la imbratti, o la deturpi. La vita è una continua ricerca del bello ed una ricarica di significati, considerata la sua temporaneità, tale che se fosse eterna non li cercheremmo.
In questo segmento di tempo limitato, abbiamo l’ansia, di rendere la vita più serena e felice, di non sprecarla o riempirla di oggetti immondi o di persone futili, non c’è molto spazio in essa, per scontati limiti di tempo, se non per tutto ciò che è splendido, non c’è spazio per gli zirconi, strass in plastica, falsi luccicanti. Tutti abbiamo il diritto all’autentico, a tutto ciò che è prezioso.
Ma ci confondiamo, perché le persone non maliziose, credono a tutto, non hanno ambiguità, vedono il bene dappertutto, lì dove c’è anche il male, perché il bene è dentro di loro, non hanno occhiali se non quelli molto luminosi. E chi è molto luminoso, attrae i bui altrui, per farsi illuminare, attrae le notti degli altri e con le notti altrui non si deve affatto scherzare, sono intrise di trappole e pozzanghere che sono dei mari, appaiono ruscelli ma sono fogne che fanno molto rumore e lasciano i loro traumi.
Il silenzio nasce dall’ansia di fare pulizia, di essere più leggeri, di imparare a distinguere, gli angeli dai demoni, tutto ciò che è ambiguo, plagiato, contraffatto, fake, taroccato. Abbiamo bisogno di comprendere, fare chiarezza dentro di noi, selezionare uno ad uno, i sassi dalle pietre preziose. Il silenzio è fare deserto intorno a noi, è un ritorno, all’origine uterina, all’ essenziale, alla gioia di una nascita alla purezza, al non contaminato, alla solitudine di un Eden protetto, questa non va temuta, andrebbe ricercata, perché favorisce l’ordine cosmico dentro di noi, di disintossicarci, di respirare, di rintracciare cosa espellere.
Alle volte siamo vittime di un vortice, affogati dalla quotidianità, dalle sabbie mobili del materialismo, da oggetti accumulati, privi di senso, li rendiamo indispensabili, tutto diventa importante, dimenticando la vita. Nulla è per sempre, solo il viaggio ha la sua certezza, perché la meta è un grossissimo limite. Il segmento del viaggio ha un senso solo se vissuto intensamente e per bene. Recita un post: “ noi abbiamo due vite, la seconda inizia quando ci rendiamo conto di averne una”. Tutto ciò che conquistiamo e abbiamo, non ha lo stesso valore del tempo che abbiamo, è in comodato d’ uso, come la vita, e il problema è, che è un comodato d’ uso affatto che gratuito.
Siamo utilizzatori di beni e di oggetti, ma ci identifichiamo con essi da renderci loro creatori e padroni, onnipotenti e onnipresenti, come fossero d’acciaio, ignorando la loro precarietà e la loro ruggine, il loro decadimento e la temporaneità. Il silenzio ci ricorda che il tempo che abbiamo va speso bene, con molta attenzione e moderazione, vicini a chi lo accoglie e non lo toglie, va vissuto come un viaggio, scegliendo attentamente con chi farlo.
Fortunatamente esistono i sogni, le fantasie, questi li incontri solo nella segretezza del tuo silenzio, nella chiusura del tuo scrigno, in quell’idea migliore di te, da realizzare. Il silenzio è l’incontro con casa nostra, esso è la prima casa dove trovare rifugio, è la nostra baita, la nostra patria, è l’ ardore di un caminetto, la passeggiata sul bagno asciuga.
È l’ incontro con le memorie del tuo sottosuolo, con i sotterranei della tua anima, con l’ indicibile, col tuo numero uno che non smette mai di parlarti, esso è l’ assoluto dell’ incontro con la tua umanità, l’incontro con il tuo nome, quel nome col quale nessun’ altro può confondersi. Ricordati sempre che hai un nome e con esso, nel mondo, ci sei solo tu. Nessuno può entrarci se tu non lo vuoi, sei la tua proprietà, difendila, non c’è parente, amore o amico o estraneo che possa violarla.
Il silenzio decide a chi chiudere o aprire la tua porta. Chi sei, puoi dirlo solo e attraverso il tuo silenzio.
giorgio burdi
Continua