La fabbrica dell’ ansia, come demolirla
Per curare l’ansia: eliminare gli invasori, dire qualche no in più ed ascoltare il proprio intuito.
L’aria che finalmente respiro!
C’è chi dice che l’ansia derivi dall’alterazione dei livelli di biossido di carbonio e di ossigeno, cosi’ che il cervello invia un messaggio preciso: quello di un imminente pericolo!!! Sara’!?!
Questo potrebbe essere l’ effetto. Io invece, l’origine della mia ansia l’ho quasi del tutto individuata, e dei miei livelli di biossido di carbonio e ossigeno non ne ho la più pallida idea.
Sono giovane e sono una psicologa, e mi sto accorgendo solo ora di aver passato la maggior parte della mia vita in apnea, recuperando piano piano la mia autonomia da un costante senso di soffocamento, come se qualcuno o molti avessero tenuto la mia testa sott’ acqua, spingendo giù sempre più forte ed evitando di farmi risalire a galla per respirare.
Da poco tempo a questa parte, con la psicoterapia ho iniziato finalmente un percorso di risalita, anzi ho iniziato a boccheggiare.
Talvolta la sensazione di soffocamento l’avverto ancora, ma non so se considerarla semplicemente un ricordo del tempo andato oppure una fisiologica ricaduta, perché devo rafforzarmi sempre di più.
Certo è che respirare a pieni polmoni si puo’ e mi fa stare un gran bene, tanto da non voler condividere l’aria che respiro con nessuno e dico nessuno, sono diventata gelosa di me stessa e del mio tempo.
La mia cara ansia è stata generata dal rapporto con gli altri, sempre esigenti nei miei confronti, e ancora oggi mi chiedo cosa cavolo abbiano voluto da me, e perchè mai gli ho concesso tanta di quella importanza e disponibilità da crocerossina da quattro denari, da dimenticarmi di me a vantaggio dei non curanti della mia persona ?
Da poco ho capito che avrei dovuto “mettere a posto” io tutti gli invasori di campo e quindi mi sono munita di uno zainetto con tre strumenti magici:
1 – un barattolo di vernice trasparente protettiva
2 – una scatoletta di numerosi bigliettini con su scritto “No!”, da tirar fuori all’occorrenza come un arbitro quando ammonisce il calciatore,
3 – un fonendoscopio per individuare con accuratezza cosa dice il mio corpo.
So che è più facile a dirsi che a farsi, ma il mio zainetto con questi tre strumenti da poco acquisiti in analisi faranno parte di me, per sempre.
Ale
Chiedere o fare regali, nasconde solo il piacere o anche certe forme di ricatto e di baratto ?
La relazione di coppia e il riscatto dell’ anulare sinistro.
Chiedere o fare regali, nasconde solo il piacere o anche certe forme di ricatto ?
Oggi ho voluto restituire un regalo importante, un anello costoso ad Alessio, il ragazzo che ho lasciato l’ altro giorno, altro che valore alla mia persona, l’ ha accettato senza desistere, io però mi sento più dignitosa a non tenerlo, almeno riconquisto la “purezza” dell anulare sinistro ! Che libertà, me lo sento già molto più leggero.
Mi chiedevo quanto valesse il riscatto di una promessa sbagliata, se il fine giustifica i mezzi, la perdita della propria identità non ha riscatto, non c’é nessuna cifra, nessuna felicità materiale che valga la possibilità di farci sentire libere.
Libere di amare sempre e in modo diverso, libere di sbagliare, libere di emozionarsi come da bambine, libere di piangere e libere di ridere, libere di correre di notte, libere da ogni grillo parlante che ci vorrebbe morigerate e troppo discrete.
No dottore non è un inno alla follia, ne un’esaltazione della capitolazione dei freni inibitori, è piuttosto un momento di riflessione in cui l’incanto sta nel fermarsi dinanzi al mare, dove sono in questo momento, e amare, amare me stessa, amare il rumore del niente, che non spaventa, ma consola , perché la solitudine più grande sta nel tradire se stesse.
Ho letto che raggiungere la felicità sta nel riuscire a gestire le incertezze della nostra vita, ma penso che l’incertezza sia stata la mia amica, nemica di tutta la vita.
Essere madre / essere donna libera, no non è una dicotomia.
Mio figlio amerà la donna che posso essere e nascerà e si formerà dal grande amore innanzi tutto verso me stessa!
Quale regalo più bello della consapevolezza di un figlio, del suo significato, della sua ricerca, che non deve essere affrettata, e del suo arrivo, inaspettato perché no, e del suo non arrivo se l’ amore non è maturo, se la donna non è libera di uscire dal suo bocciolo ?
Forse mi crogiolo ancora nel mio liquido amniotico, ma a volte vedo il mondo esterno che mi aspetta e il regalo più grande è avere la determinazione, la pazienza e la costanza di andarci incontro e la forza e il coraggio di non respingerlo maiGrazie dottore
Tiziana
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Se Alessio non ha esitato nel riprendere quell’ anello, evidentemente per lui rappresentava solo uno strumento di potere seduttivo atto alla conquista.Però, anche tu Tiziana, accettandolo, hai dimostrato il bisogno di voler essere dominata dal suo potere persuasivo d’ “acquisto”, perché molto probabilmente è sottile il piacere che si prova nell’ essere corteggiati.
Tiziana, i regali nascondono un mondo di significati, un mondo di interpretazioni analitiche, bisogna spesso chiedersi il perché lo si fa o lo si prende ?
Esso ha spesso una funzione compensativa, sostitutiva, riempitiva, delle volte ammortizza il senso di colpa o il bisogno di perdono, o di obbligo, o è il semplice tentativo di volersi fare riconoscere, come per poter rivendicare il diritto alla presenza nella relazione, scongiurando la paura per l’ assenza.
Molte altre volte invece, direi poche, rappresenta un gesto di ammirazione, compiacenza e di edonismo. Interrogarsi, ascoltare il Se, può essere svincolante da determinate trappole che mistificano la relazione, lanciandola in anni di sopravvivenza ombrata, nell’apparenza, attraverso il regalo, che l’altro sia importante, manipolando quel bisogno atavico di chiarezza e di soddisfazione profonda mancata.
Il regalo in tal senso rappresenta un grosso pericolo di rinvio continuo delle soluzioni appropriate, ovviando all’ opportunità di considerare i veri problemi, un vero e proprio ” alienatore ” , un garante fasullo e inopportuno che allieta ed attenua il meccanismo e la sensazione dell’abbandono presente nella relazione.
Tiziana, restituendo il regalo, ha permesso l’immersione di un meccanismo profondo, quello della gestione del potere seduttivo, svelato non solo attraverso la restituzione del regalo, ma attraverso la prioritaria necessità impulsiva di lasciare Alessio, a prescindere.
giorgio burdi
ContinuaOssessionati da facebook
A lei, che è uno psicologo psicoterapeuta, esperto del comportamento e della comunicazione, l’ ho trovata su internet, sui siti di Roma e di Bari, mi son piaciuti tantissimo, voglio raccontarle la mia storia, la mia relazione con facebook.
OSSESSIONATI DA FACEBOOK
Caro Dott. Burdi, Sono Laura,
a lei, che è uno psicologo psicoterapeuta, esperto del comportamento e della comunicazione, l’ ho trovata su internet, sui suoi siti, quello di Roma e quello di Bari, mi son piaciuti tantissimo, voglio raccontarle la mia storia e la mia relazione con facebook.
Sono iscritta su questo fantastico network da cinque anni, ho 2543 contatti, il mio smart phone e il mio portatile sono sempre con me ovunque, sono la mia sigaretta di compagnia, non riesco assolutamente più a farne a meno, senza f io morirei.
Io mi sveglio e mi collego, sono sul cesso e penso a f, io mi lavo e penso a f, prendo il caffè e penso a te, sembra che nulla abbia un senso senza te, tutto il resto non c’è più. Mia madre parla e non la sento, osservo un film, ma non lo vedo, c’è la musica che non l’ ascolto, il mio sguardo è nel vuoto, ma in realtà io penso ad effe.
Dott. , a parte gli scherzi, mii rendo conto di essere dipendente da f, ma non me ne frega niente, sono felice di esserlo. Io Amo Mark Zuckerberg, è stato geniale, ci andrei a letto con lui e di più, mi ha dato una comunità sempre espandibile con la quale posso condividere, incontrarmi ed organizzarmi. I love facebook, I love Mark Zuckerberg, i love the people, amo internet, google, youtube e tutti i networks.
Dottore, sono grave ?
Laura effe
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Ciao Laura
anch’ io amo internet, facebook e tutti i networks, ma prima di tutto amo la gente.
Mi domando se con i tuoi amici di f ci esci o rimani solo in chat, mail o solo in bacheca, alimentando le tue sole fantasie sugli altri. Sai Laura, abbiamo due modi incompatibili di vivere gli altri: 1 è quello di immaginarli, 2 quello di vederli e viverli nella realtà.
Ti assicuro che le due vedute sono completamente differenti e contrastanti. Ti domanderai perché ? La quantità di tempo che noi passiamo a video, distorce le immagini naturali delle belle o brutte persone con le quali siamo in contatto, qualora non le incontriamo.
Non incontrando gli altri, conserviamo una predisposizione naturale ad immaginarli, per tanto, facciamo attenzione, quella immaginazione o immaginale, così come a chiama jung, è tutta nostra. Ci rendiamo spesso conto, solo dopo tanto tempo, che le persone che immaginavamo, risultano essere tutt’altro nella vita reale.
Ciò non significa affatto che le stesse sarebbero cambiate, tutt’altro, sono esattamente e semplicemente rimaste se stesse, sempre così. Allora cosa succede? Sempre per quella naturale predisposizione fantasiosa verso l’immaginazione, modificheremmo inconsciamente la realtà a nostro uso e piacimento, in modo da soddisfare i nostri bisogni più profondi. Come dire, gli altri li facciamo diventare così come ci piacciono o così come non li sopportiamo, a seconda delle nostre necessità, anche se nella realtà sono diversi.
Magari, se tutti quei contatti un giorno, li facessi diventare occasione e desiderio di incontro, sarebbe per te più soddisfacente e meraviglioso, diversamente diventerebbe un puro collezionismo quantitativo di contatti, come una ossessione ad accumulare, l’ ossessione da facebook andrebbe ad assecondare la falsa illusione di avere molti amici reali, lasciando spazio alla delusione.
Allora Laura, entra di più nella realtà, se la stessa non ti fa paura, perché a volte, diciamolo pure, preferiamo avere gli altri come piacciono a noi, solo fantasticandoli, invece sarebbe più opportuno avere così tanti contatti e tanti ancora, ma con tanta più qualità.
giorgio burdi
ContinuaDIALOGHI …. su WhatsApp : Teresa
Ciò che possiamo fare, è accettare la nostra natura umana, la nostra psicologia che è fatta così, è alla ricerca continua, tentando di non essere troppo severi con noi stessi e con gli altri
Salve Dr. Burdi,
a proposito della newletter “Disturbi relazionali compulsivi“, pubblicata sul sito www.psicologo-psicoterapeuta-roma.com, di Roma, ho compreso che non sono alla ricerca dell uomo della vita da quando ho 20 anni, ma solo negli ultimi anni, è come se avessi perso di vista il mio istinto per pianificare il futuro, come se avessi paura di qualcosa!
In effetti ho paura di rimanere sola, ma non senza un uomo, ma solo senza famiglia, perché sono figlia unica, perché da sempre sono terrorizzata dal perdere mamma e papà, perché nonostante abbia un buon rapporto con mia cugina, che è quasi una sorella, io non saprò mai cosa significa averne una e fare affidamento su qualcuno! lo stesso uomo che potrei un giorno avere accanto non mi tranquillizzerebbe.
Io non ho bisogno delle persone, quindi i miei rapporti non falliscono perché io cerco di soddisfare un bisogno, forse è il contrario, ho così tanto, che sono perenonemente insoddisfatta, nella misura in cui, quello che cerco io, un uomo non me lo potrebbe dare! E nel frattempo da qualche anno a questa parte, oscillo tra ragione e sentimento nei rapporti, confondendo i piani e regredendo, invece di crescere, perché mi confondo sempre più le idee e passo periodi di serietà e periodi di pazzie! Chiaramente non facendomi per nulla sentire a posto con la mia coscienza! Io faccio solo del male a tutti a me stessa e agli altri!
Oggi ad esempio, esco con un ragazzo da un paio di mesi e ci sto bene, ma stiamo litigando molto e da una settimana sento una curiosità verso un altro completamente diverso e mi sento in colpa perché l’ altro ragazzo comunque mi cerca.
Non posso essere così instabile e cambiare idea, che poi ancora non riesco a capire se sono gli altri che mi esasperano o sono io che non accetto il compromesso nella relazione e mi dico che sono una viziata anche nei sentimenti.
Quello che penso io è di mantenere le mie resistenze ed essere responsabile delle mie scelte e azioni, fintanto che il rapporto è in equilibro non pretendo sempre il massimo, forse questo è stato un periodo di eccessivi scontri e mi fa riflettere, infondo sono solo due mesi e mezzo che ci conosciamo! Oppure è proprio all’ inizio che si scoprono le carte e ci si mostra !
Teresa
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Teresa, a chi non piace la vita e le attenzioni degli altri? E’ generalizzata la questione. Vogliamo conoscere e non fermarci mai, per cercare il meglio, e ne abbiamo diritto, ma a volte siamo lo specchio dell’ educazione ricevuta, cioè severi con noi stessi perché allo stesso tempo vogliamo darci ordine e ci limitiamo. Ciò che possiamo fare, è accettare la nostra natura umana, la nostra psicologia che è fatta così, è alla ricerca continua, tentando di non essere troppo severi con noi stessi e con gli altri, non prendendo poi tutto per oro colato, ma considerando come vero oro, noi.
Dipende da noi essere disponibili nel farci o meno delle concessioni, perché il “viziarci” è un atto di edonismo e ci fa un gran piacere e non fa mai male, possiamo godere ció che abbiamo o dirci basta, o accettiamo, vogliamo e desideriamo ciò che abbiamo, o decidiamo di andare fino in fondo comprese le responsabilità e le condivisioni delle sofferenze comuni, oppure continuare l’ interminabile ricerca edonistica. Ma d’altra parte tutto ciò che è iniziale è edonistico, accettare e superare il seguito rende più sicuri ma solo fino all’ estremo di non farsi male.
D’ altra parte è la ricerca che ci rende sempre più prepotentemente giovani, anche se poi decidiamo di diventare saggi, godendo ciò che abbiamo scelto, ma immancabilmente mantenendo la porta semi chiusa, per puro istinto di sopravvivenza.
giorgio burdi
ContinuaChe fatica farci esistere
Non ho mai capito se tu nella mia vita volessi davvero starci, sono entrato in psicoanalisi qui a Bari, con il mio psicologo, mi sono messo in discussione e giuro che ti ho sempre cercato e vorrei uscire con te da questa stanza grigia.
Perché non con lei ?
Ero solo in questa stupenda città sede di tante ambientazioni cinematografiche di grandissime storie d’amore e pensavo a quanto sarebbe stato bello poterla condividere con lei, la mia donna sposata.
Dispiaciuto del fatto che, per un motivo o per un’altro, avesse deciso di non seguirmi, di rimanere a casa con i bambini .Avrei voluto vivere con lei quelle emozioni che poi avrei vissuto solo temporaneamente con un’altra persona.
Avrei voluto che quella parte di lei che non ho mai trovato, che forse non esiste, fosse stata li con me a godere insieme quella atmosfera fantastica. Passeggiando vedevo intorno a me famiglie che gioivano condividendo il piacere di stare insieme invidiandole non poco.
Quante volte mi sono chiesto perché la donna che avevo sposato non riusciva a darmi questo, non riusciva a condividere con me queste emozioni, considerate poi solo una mera ricerca di giustificare le mie colpe di tradimento. Non ho mai capito se tu nella mia vita volessi davvero esistere o sei esistita solo per altro, ma io giuro, ti ho sempre cercata e continuo a farlo ancora oggi, ma allora ti negavi in modi diversi, oggi hai rancori, ma io ti cerco ancora, dove vuoi essere e dove sei ?
Quanto poi vivere questa “mancanza” con un’altra donna era veramente amore per quest’ultima o solo il voler compensare egoisticamente quello che cercavo in lei con un’altra?
Quante volte mi sono trovato a fare cose con questa donna dispiaciuto di non averle potuto fare con lei. Dove siamo andati, se continuamente ci cerchiamo. Mi rendo conto che questo discorso può risultare semplicistico alla maggioranza della popolazione femminile, incline più a considerare tutto ciò come banali scuse maschili per evitare sensi di colpa, ma è la verità.
Passavo quei weekend con l’altra e mi chiedevo perché lei non aveva voluto condividere con me tutto questo. Emozioni, emozioni questo è quello che cerco nella vita, vivere emozioni giornaliere piccole o grandi che siano, ma che riempiono la vita di essenza, quella vera. Ho cercato, ho supplicato lei, ma non so per qual motivo del destino, mi son trovato con una altra che non avrei voluto.
Decisi poi che questa situazione non poteva durare più’ dei mesi che era durata e confessando il tutto chiusi con la storia parallela . Era giusto così, era giusto per me , era giusto per l’altra era giusto perché se volevo avere di più dovevo cercarlo nella nostra direzione che era diventata molto più chiara per me, ed ottenerlo da lei perché alla fine era questo quello che volevo.
Oggi dopo anni da quei momenti sto ancora lottando per avere da lei e solo da lei quello che mi è sempre mancato. Ci sto provando, sto lottando, a volte umiliando, sono entrato in psicoanalisi qui a Bari, con il mio psicologo mi sono messo in discussione con me stesso e con il mondo che mi circonda, pronto a qualsiasi cosa pur di vivere la mia vita con lei, ma viverla e non subirla.
Sento che posso farcela, i miei figli mi danno la forza, e se non dovessi riuscirci almeno non potrò rimproverarmi di non averci comunque provato con tutte le mie forze.
Enrico
ContinuaAAA cercasi papà
La genitorialità disfunzionale può essere la causa delle disfunzioni del tono dell umore dei figli, della melanconia, delle tristezze o della depressione di fondo.
Caro papà,ti scrivo semplicemente per dirti o, meglio, per urlarti: “Eccomi! Ho già 27 anni. Sono qui! Vuoi o non vuoi, io esisto!” Perché io esisto, che ti piaccia o no! Invisibile, è così che mi hai fatto sempre sentire. Di poco conto, è così che costantemente mi sento. E ciò che più mi assillava e oggi, più di ieri, mi tortura è la risposta ai miei Perché. Risposta che ancora non è arrivata.
Non riuscivo a darmi una misera spiegazione, sino a che, parlando giorni fa con mamma, ho saputo dei tuoi dubbi sulla gravidanza, sul timore che io non fossi tua figlia. E allora, tutto si è fatto più chiaro. Ma Perché quando mamma ti ha proposto di fare il test sul DNA, per dimostrarti che le tue erano solo assurdità inculcate da tua madre, non sei andato a fondo? Perché hai voluto convincerti di un qualcosa che convinto, invece, non ti ha? Sai, mi avresti fatto uno dei più grandi doni, dopo il tuo fenomenale goal con lo spermatozoo, Perché probabilmente non mi avresti fatta sentire figlia di nessuno, non mi avresti “abbandonata in casa”.
Ultimamente ti sto pensando cento volte al giorno e mi immagino la tua vita passata, mi faccio mille domande sulle tue esperienze, sui tuoi desideri, su quali possano essere le tue paure o i tuoi pensieri, e vivo l’angoscia di non sapere quasi nulla di te, di conoscerti appena. Non riaffiora neanche un momento vissuto insieme intensamente, io e te…solo io e te.
E dunque non ho neanche un misero e nostalgico ricordo a consolarmi, uno di quelli che inevitabilmente rubano un sorriso. Solo umiliazioni, solo maledette e continue umiliazioni… e quello schiaffo datomi ingiustamente sul sedere a 5 anni, perché Anna (mia sorella) era caduta mentre giocavamo, che mi ha lasciato per giorni un’ematoma, più nera che rossa, come se avessi colto quell’unica occasione per sfogare la tua rabbia verso il mondo o, semplicemente, verso di me.
Con te non mi sento mai a mio agio, vivo un continuo imbarazzo: segno di un rapporto mai esistito, come l’isola che non c’è di Peter Pan, posso solo immaginarmelo. Posso vivermelo nella fantasia o commuovendomi d’innanzi a un padre che con dolcezza rimprovera il figlio o lo abbraccia con amore, senza esitare, senza pensare.
Mai una carezza, o una parola confortante, o uno sguardo complice. Mai un consiglio, o un “come stai?”. Dovevo cercare una psicologa qui a Bari, per trovare tutto questo. Hai appeso al chiodo la parola “padre” e ti sei dimesso dal lavoro più bello che al mondo possa esistere e che non tutti possono godere, essere e fare il genitore.
Non mi sono mai sentita libera anche nel chiederti un favore miserabile, perché, seppur alla fine me lo concedevi, era privo di entusiasmo e del piacere di farlo. Per non parlare delle lamentele che ho dovuto subirmi prima di averlo quel favore, manco ti chiedessi la luna! Ecco Perché mandavo sempre mamma. Passaggi: sono questi gli unici favori che mi sono permessa di chiederti, sin da piccolina.
Mai un capriccio, mai una richiesta, sempre donna già da bambina, perché chiederti un qualcosa significava farmi venire l’ansia a tremila, preferisco cavarmela da sola, senza di te, come ho sempre fatto. Ora ti chiedo: pensi che essere padre significhi solo mettere al mondo la prole e poi chi s’è visto, s’è visto? Persino gli animali proteggono e si prendono cura dei propri piccoli, persino loro li insegnano a stare al mondo.
Ma hai mai provato a compiere quella tanto conosciuta operazione mentale che comunemente va sotto l’espressione “mettersi nei panni altrui” ? Visto che l’ empatia sarebbe stata cosa molto più complessa per te. Bene, quell’ “altrui” sono io che fino a smentita pubblica o privata, sono tua figlia, che tu lo voglia o no, che io lo accetti ancora o no a queste condizioni.
Condizioni alle quali per lungo tempo non si da molto peso, condizionati da una sorta di abitudine imposta, ma col trascorrere degli anni, sono cose che fanno sempre più male e che in definitiva spengono quella speranza sempre viva, anche se illusoria, che le cose possano cambiare…e lasciano il posto alla disperazione.
E’ così che mi sento oggi, adesso…disperata, persa. Mi sono affacciata nella tua vita sempre in punta di piedi, senza mai alcuna pretesa, sacrificando le mie esigenze morali e materiali, ho rispettato “la consegna del silenzio”, quella che tu, direttamente o indirettamente, mi hai dettato.
La mia vita si è chiusa in un cerchio di paure, ansie, paranoie, ingiustizie e umiliazioni nel quale, io colpevole, si è trovato anche Ugo, la persona che ho di più caro al mondo, perché tristezza e solitudine sono come una malattia contagiosa e devastante anche per chi ci vive affianco. E ora per Ugo, il mio Amore, mi sento terribilmente in colpa, responsabile di ogni infelicità, di ogni solitudine, di ogni difficoltà, di ogni mancanza; per Lui sono disposta a tutto, voglio che abbia un presente e un futuro di serenità, che io sinora non ho mai avuto, non ho ancora conosciuto, “grazie” anche a te; per Lui posso trovare il coraggio di fare tutto, anche di fare ciò che non ho fatto per me, perché, non amata, non mi sono mai amata.
Ho 26 anni, sono una donna, mi sento una donna ma, allo stesso tempo, sono così fragile, così piccola, così ridicola, perché è inaccettabile che da un passo dal diventare genitore, dall’essere mamma, mi stia ancora chiedendo cosa significhi essere figlia di un padre, perché un padre, seppur vivo, io non l’ho mai avuto.
E’ come se avessi sempre camminato con una sola gamba, la caduta non è certa ma molto probabile.Certe cose si accettano per un insieme di motivi anche perché quando ci si trova nel deserto della solitudine, si mangia sabbia! In tutta questa situazione, madre dell’immenso dolore che porto nel cuore, anch’io ho le mie colpe: forse avrei dovuto, anziché restare scheletro nell’armadio, rivendicare la mia appartenenza, i miei diritti e rifiutare la condizione impostami.
Lo faccio ora con questa lettera, facendo ancora una volta io il primo passo, il primo passo verso te.Vorrei non nutrire rancore e rabbia che mi farebbero ancora vivere male, ma che sarebbero naturali allo stato attuale delle cose; vorrei un minimo di giustizia, tardiva ma probabilmente riparatrice che tu potresti darmi, se solo lo volessi. Ma la volontà altrui, come i sentimenti, non si possono imporre o comandare, ma solo stimolare con le parole e con gli atteggiamenti, non altro.
Per quanto mi riguarda, il dolore e la solitudine unite alle umiliazioni che continuo a subire ogni volta che sono con te, non cesseranno di esistere fino a che uno di noi due prenderà una decisione, difficile, dolorosa, ma necessaria moralmente per entrambi: parlarne apertamente, per poi, magari, abbracciarci per la prima volta.
Fa che d’ora in poi non sia solo il cognome a legarci. Mi preme sapere se tu, papà, mi vuoi o non mi vuoi come figlia, aldilà di un legame di sangue che alla fine non fa di una persona un genitore e dall’altra una figlia.
Ci tieni a me? Sono importante per te? Mi vuoi bene? Mi vuoi bene? Mi vuoi bene?Sono a un soffio dal non esistere. Lo sono sempre stata. Ma esisto, io esisto! Ma esisto male per te.
TUA figlia
Adele
ContinuaDal marito alla sua ex amante
La psicologa raccoglie l’ andirivieni di battute e risposte tra le diverse sofferenze provenienti da ex storie extra coniugali.
Lettera dal marito alla sua ex amante
Ciao “altra o seconda” o come altro preferisci essere etichettata.Ho letto la tua lettera che ha suscitato in me spunti di riflessione.Innanzitutto volevo ringraziarti per il tuo sostegno: mai critica e delusa verso di me, hai sempre e solo saputo sostenere la mia posizione.
Beh, non avevo bisogno di tutto questo sostegno in realtà. E in verità non lo condivido neppure.
Ho letto e riletto la tua lettera pubblicata dalla mia psicologa di Bari, e quello che quasi prepotente emerge e traspare è il forte diritto di dire e fare le cose che ti sei arrogata e di dirle a qualcuno che neppure conosci.
Hai cominciato col criticare l’atteggiamento della “moglie”, la mia, che a tuo avviso è stata poco attenta e non ha saputo ascoltare e prendersi cura di me.
Dicevo alla mia psicologa, che non mi ha mai condizionata nelle mie scelte affettive, che rivendichi il tuo diritto a costruire una storia come questa, definendola “autentica”. Hai respinto con forza l’idea di non aver voluto costruire una storia vera, essendo la stessa oggettivamente non palese ed alla luce del sole.
Parli di un rapporto vero che è in grado di esprimersi appieno e con una marcata complicità. Critichi il matrimonio e la incapacità di continuare il viaggio della vita intrapreso con quell’unione. E la moglie che deve svegliarsi perchè non ha saputo leggere lo stato delle cose.
Infine, rappresenti la tua sofferenza e la tua rabbia.Ebbene, hai discusso la moglie in ogni verso della tua lettera, ma mai hai saputo mettere in discussione te stessa, mai un dubbio o una incertezza. E mai quello che sono stato io e la sofferenza che ti ho provocato.
Tutto è sempre assolutamente chiaro, tutto ha una spiegazione o una interpretazione. Hai saputo giustificare e spiegare anche perchè la moglie accetta l’accaduto.
Quanto accaduto ha sicuramente almeno un responsabile: io.
Tante volte ho sentito dire dalla mia psicologa di Bari, che la responsabilità è di entrambi, marito e moglie. Ma a me questo non interessa. Io ho sempre cercato di osservare l’accaduto e di prendere la mia parte di responsabilità. Mai ho creduto e pensato di alleviare le mie responsabilità accreditadone alcune a mia moglie.
Ho fortemente messo in discussione me stesso e attraverso questo processo di critica ho scoperto tutti gli errori che ho commesso. E sono ripartito da questo, cambiando tante cose di me.
Mi è costato tanto dolore e sofferenza, sono stato in analisi dalla psicologa, ma nulla a confronto di quella che ho arrecato. Ho dedicato ogni mio sforzo a ricostruire la comunicazione e l’intesa con mia moglie. Credo di essere stato bravo e oggi siamo a buon punto del cammino, ma credimi, quello fortunato sono io.
Nulla di tutto questo sarebbe stato possibile senza una moglie come la mia.La mia unica certezza è di aver commesso un errore. Qualcosa che mi sarebbe potuto costare molto di più. E il motivo principale è che quello sbagliato ero io.
Nelle tue parole ci sono tante certezze. Ma non ho mai compreso perchè tu abbia perso. Perché sei rimasta sola e sofferente. Sei in grado ora di andare avanti per la tua strada, io si, mi auguro che come me non continui ad appoggiarti a delle false storie e certezze, ma poi dimmi perché ti senti vittima della moglie, e mai del marito dell’altra che hai cercato di conquistare. Ma mai vittima di te stessa e delle tue certezze.
La tua storia, come la mia, non sono vere. Hanno tanto di effimero e sono prive di una cosa essenziale: LA QUOTIDIANITA’ e la presenza di molto immaginale.
E manca l’amore, quello vero, quello che vince la sofferenza.
Allora, perché mi è capitato tutto ciò ? Mah, a volte, quando si è poco attenti, come quando guidi la tua auto e conosci bene la strada, se ti distrai o per eccesso di sicurezza, puoi sbandare ed andare fuori strada, ma solo se hai esperienza e riflessi pronti puoi scongiurare l’ irreparabile. Avevo preso un dirupo, ero a due passi dal non ritorno, ma ho ritrovato la mia autostrada a tre corsie ed ora grazie al mio copilota andremo molto lontani e più veloci.
Ci sarebbe tanto ancora da scrivere e tanti elementi per ringraziare mia moglie. Ma credo sia sufficiente dire che ha saputo leggere tutto l’accaduto con gli occhi di chi è sempre stata innamorata e che con l’amore ha affrontato tutto questo.
Grazie moglie di essere ancora con me, sono orgoglioso di te e di quello che mi hai insegnato.
Giovanni
ContinuaLa Simbiosi
L’enuresi notturna adulta e il legame simbiotico con la mamma.
Una madre, una figlia e la sua bimba: tre generazioni in simbiosi ?
Uno scorrere del tempo in cui i ruoli cambiano e si intrecciano e dove non sempre il passato lascia il posto al presente.
Groviglio di pensieri e sentimenti che ci pervadono e non ci abbandonano se non solo nel nostro razocinio e che invece si irradiano nel nostro io, nel nostro inconscio.
Pensieri, tormenti e paure, il raggiungimento di una felicità che deve essere soprattutto interna ma che, invece, si rivela effimera ed insufficiente.
Vite sinottiche, donne a paragone che in comune hanno le loro debolezze, l’ incapacità a ribellarsi ad un “potere” maschile e si coalizzano in una perfetta sintonia, in una perfetta simbiosi, con il desiderio e la volontà di volerlo fare per poter riprendere il potere della propria identità femminile, ma che convinzioni e tradizioni e sottomissioni istituzionalizzati dai processi educativi, ostacolano.
Mamma che di tale ruolo ne hai tutti i connotati, madre della quale mi sono nutrita, e mi nutro, “seno buono” interminabile, donna dal cui prototipo mi sono sempre voluta sottrarre senza esiti.
Ma la mia donna “moderna”, presa dai molteplici impegni, a differenza sua, ha rifiutato la sua “sudditanza” ad un uomo, ma che in realtà stranamente lo è più di quanto non creda, ha comunque messo in me il virus inattaccabile del suo modello arcaico di relazione da sottomessa, dal quale avrei voluto allontanarmi, ma in virtù del nostro legame, lo metto in scena con estrema e spaventosa fedeltà.
Madre, ma è tra le tue braccia che cerco continuamente conforto, in quelle braccia che hanno tanto lavorato ed ancora lavorano solo ed unicamente per la famiglia e che sempre sono state pronte per un abbraccio.
Piango da una vita e non so bene il perchè, piango per cosa? Per quello che sono ed avrei voluto essere? Libera e me stessa.
Piango perché ho paura di crescere? Piango per un continuo abbraccio, piango per la mia enuresi di 40 anni, per la paura di allontanarmi da te, come se volessi essere ancora accudita tra i pannetti.
Piango, perchè il crogiolarmi in questo pianto mi appaga e ti cerca? Piango di un pianto che è solo e tutto tuo, ed è diventato mio, ed ho capito solo ora che ti manca il padre, ti manca mio padre, ti manca da una vita l’uomo, così come mancano tutti a me, che ci hanno circoscritti e solidarizzati in un mondo tutto e solo al femminile: io e te.
Angela
ContinuaLa Felicità Esiste
Era come reimparare a respirare piano piano, e così di seguito, proseguendo con il mio coraggio e con la mia voglia di vivere…
Tutto è iniziato una mattina di giugno di qualche anno fa.Dopo essermi svegliato, lavato e sbarbato, iniziai a vestirmi per uscire di casa, prendere l’ auto ed andare di corsa in ufficio.
Ad un tratto mentre indossavo la camicia accusai improvvisamente dei forti dolori diffusi su tutto l’addome.
Non capendo di cosa si trattasse decisi di ritornare nuovamente in bagno, ma non accadde assolutamente niente.I dolori nel frattempo erano aumentati tanto da chiamare il medico di famiglia che mi consigliò di prendere degli antidolorifici e dopo circa due tre ore dopo e nonostante aver assunto i medicinali prescritti, i dolori all’addome aumentavano.
Decisi di richiamare nuovamente il medico che prontamente mi consigliò il ricovero in pronto soccorso.Mi diagnosticarono immediatamente una pancreatite acuta, ero gravissimo.
Nel reparto di Medicina dell’Ospedale, i medici iniziarono tempestivamente la cura e rimasi sette giorni e sette notti ricoverato, attaccato con due flebo nelle braccia e nel frattempo i dolori aumentavano lentamente fino a coprire tutto il corpo.
La notte del quarto giorno, nonostante la terapia iniziata, la temperatura corporea salì oltre i quaranta gradi, la vista iniziò ad annebbiarsi tanto che vedevo la stanza colorata di rosso, i dolori erano terribili tanto da non poter più muovere nessun arto.
Pensai allora che la fine era arrivata.
Nelle ore successive nonostante la forte febbre ero lucido e il mio pensiero era rivolto principalmente alle persone e alle cose più care che in quel momento ricordavo ed amavo che temevo di perdere per sempre e non poterle più rivedere.
Mia moglie mi stava accanto, irresistibile piangeva come se fossi morto, ma la cacciai via.
Verso l’alba mi trovai nella fase più acuta della malattia decisi allora di reagire con la forza del pensiero e pensai di alzarmi per andare in bagno.
Cercavo di provare a me stesso che non era ancora finita poiché sentivo ancora di poter reagire psicologicamente.
Con gesti molto lenti e barcollando, senza nessun aiuto altrui, mi alzai dal letto e mi portai con uno sforzo immane nel bagno che era lì a pochi metri nella camera dell’ospedale, trascinando dietro l’asta con le due flebo attaccate nelle braccia.
Stremato ritornai a letto, avevo reagito e questo mi faceva star già meglio, iniziai a pregare e cosi mi addormentai di colpo per la stanchezza.
Al mattino, improvvisamente avvertivo un leggero miglioramento, era come respirare piano piano e così di seguito proseguendo con il mio coraggio e con la voglia di vivere e con la terapia, il malessere si convertì molto lentamente nella totale guarigione.
Era incredibile, il mio medico mi disse che riesce per due casi su cento.
Appena dimesso dall’ospedale la gioia di vivere era tale che assaporai, con un profondo respiro, come non mai, il profumo dell’aria fresca che mi avvolgeva, la voglia di camminare, la vista delle persone e delle cose che mi circondavano .
Ricordo che all’uscita dell’ospedale, la voglia di vivere era tanta che camminando a piedi verso casa, evitai di calpestare una piccola verde fogliolina accarezzata dal sole che era nata da una pianta sul marciapiede poiché mi resi conto che anch’essa era una vita e che aveva lottato per vivere.
Da questa triste esperienza oggi ringrazio maggiormente Qualcuno per avermi aiutato a capire che la vita va vissuta attentamente in tutti gli attimi, con gioia, con amore e con grande rispetto per gli altri e per tutte le cose del creato:
questa è la Felicità
Pippo
Grazie Pippo per il Tuo Immenso Regalo
giorgio
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Ciiao Pippo,
questa mattina, complice anche il tempo grigio, mi hai fatto scendere delle lacrime per la tua storia molto commovente, che grande ammirazione che provo per la tua persona!!
Come vedi è la forza d’animo e il crederci sempre che ci porta soluzioni positive. La felicità esiste ma ci ostiniamo ad apprezzare la
vita solo quando ci accorgiamo che sta per abbandonarci. Bravo Pippo!!!!
Rosalba
ContinuaMio caro Io, cosa vogliamo fare ?
Sorseggiando del caldo thè inglese, che mi piace tanto, pensiamo che cosa vogliamo fare del nostro avvenire, che storia vogliamo dare alla nostra vita?
Aggiornamento al 13 maggio 2012
” Con le ali dell’amore ho volato oltre le mura, perché non si possono mettere limiti all’amore e ciò che amor vuole amore osa ” – W.Shakespeare .
Mio caro, dolce, dolcissimo Io, oggi finalmente ti ho rivisto: seduto non più nell’angolo oscuro della mia casa, oggi finalmente mi hai sorriso! Ti avevo rinnegato, nascosto, quasi perduto, come se la nostra fosse una relazione dannata, come se fossimo, ormai, destinati a non andare amorosamente a braccetto.
Il Romeo e la Giulietta della porta accanto, dei tempi giovani, costretti all’arsenico e ad un pugnale per essere unica cosa per sempre.
Ma non più! Ora che ti ho ritrovato non ti lascio andar via!!! (Ne metterei altri mille di punti esclamativi) La sensazione di smarrimento ha invaso i miei anni e, probabilmente, avrà potere ancora per un pò, sino a quando io e te non ci sediamo comodamente sul divano e, sorseggiando del caldo thè inglese che mi piace tanto, pensiamo una volta per tutte che cosa vogliamo fare del nostro avvenire, che storia vogliamo dare alla nostra vita.
Facciamo la valigia e voliamo sui mari più profondi? Oppure rimaniamo con i piedi per terra, magari con un bel paio di decoltè tacco 12 che non guastano mai, e ci mettiamo dietro una cattedra? Può essere che enormi scaffali pieni pieni di libri ci attendono ansiosi o che le pagine di giornale si sentano vuote e insignificanti senza i nostri articoli?
“Lo scopriremo solo vivendo”, canta il grande Battisti, ma vivendo davvero, intensamente, facendo di me stessa la protagonista della mia vita e non di quella degli altri.
L’amore per i miei cari, l’instancabile senso del dovere, l’importanza che ha sempre avuto per me quel maledetto Tu, mi ha portato, inconsapevolmente, a prenderti per mano e a condurti dolcemente al suicidio.
Oh, mio povero Io, ho sacrificato ripetutamente te per tutti loro, mai soddisfatti, mai paghi, mai stanchi di dirmi cosa fare e cosa no! Vallo a spiegare, però, al mondo canaglia che anche il suicidio è amore.
Assurdo. Disperato. Folle. Ma amore. E’ un attimo, non di più, in fondo. Fa nessun rumore, come il petalo che lacrima giù da una rosa, come l’ala strappata di una rondine assetata d’azzurro. E’ un attimo, non di più! Ma sai, oggi finalmente “ho deciso di perdermi nel mondo” anche se sprofondo.
Applico alla vita i puntini di sospensione che nell’incosciente non c’è negazione. Un ultimo sguardo commosso all’arredamento e chi si è visto, s’è visto. Svincolarsi dalle convinzioni, dalle pose e dalle posizioni. Lascio che le cose mi portino altrove, altrove, altrove…”(Morgan) affinché possa, insieme a te, mio caro Io, liberarmi da tutto ciò che ha oppresso la mia anima sino ad ora, la mia vitalità, la voglia di correre felice tra la gente come il vento fa tra gli alberi e i cespugli.
Voglio essere libera “da ciò che uccide te e tutto ciò che ho intorno, dall’uomo che non è padrone del suo giorno, da tutti quelli che inquinano il mio campo. Io mi libererò perché ora sono stanca!!” (Subsonica)
Ros’ Alba
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Cara Ros’ Alba, pur non conoscendoti sento il desiderio di ringraziarti per la mail scritta sul sito del Dott. Burdi.La descrizione del tuo sentire mi ha davvero commossa e nelle tue parole mi sono con sorpresa rispecchiata.
Abbracciandoti condivido con te il testo di una canzone dei Subsonica, la mia preferita dal titolo “Tutti i miei sbagli”.”A caduta libera in cerca di uno schianto, ma fintanto che sei qua posso dirmi viva.Affogando per respirare, imparando anche a sanguinare.
Nel giorno che sfugge, nel tempo reale, sei tu a difendermi e farmi male.
Sezionare la notte e il cuore per sentirmi viva in tutti i miei sbagli”. (Subsonica)
Carla
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