La Disfunzione Erettile
Erezioni in difficoltà: comprendere la disfunzione erettile e le opzioni di trattamento
Che cos’è la disfunzione erettile?
La disfunzione erettile, nota anche come ED, è un problema sessuale comune tra gli uomini che si manifesta quando si ha difficoltà ad ottenere o mantenere un’erezione sufficientemente dura per il sesso.
Non è normale se l’ED si verifica regolarmente o è progressiva nel tempo e dovrebbe essere trattata.
Le cause possono essere molteplici, tra cui limitazioni del flusso sanguigno al pene o danni ai nervi, stress emotivo o come avvertimento precoce di una malattia più grave come arteriosclerosi, malattie cardiache, ipertensione o glicemia alta da diabete.
Trovare le cause della disfunzione erettile aiuta a trattare il problema e migliorare il benessere generale, e ciò che è buono per la salute del cuore è anche buono per la salute sessuale.
Sintomi
La disfunzione erettile (DE) è una condizione in cui è difficile ottenere o mantenere un’erezione sufficientemente solida per avere un rapporto sessuale.
Se questa difficoltà si verifica in modo regolare e diventa un problema fastidioso, è importante parlare con un medico di base o un urologo. La DE può essere un
segnale di avvertimento di malattie cardiovascolari e può indicare un accumulo di blocchi nel sistema vascolare di un uomo.
Infatti, alcuni studi hanno dimostrato che gli uomini con DE hanno un rischio maggiore di infarto, ictus o problemi circolatori alle gambe.
Inoltre, la DE può provocare una bassa autostima, depressione e angoscia per l’uomo e la sua compagna.
Se la DE sta influenzando il benessere di un uomo o delle sue relazioni, è importante cercare un trattamento che possa correggere o migliorare la funzione erettile, aiutare la salute circolatoria e migliorare la qualità della vita dell’uomo.
Cause
La disfunzione erettile (ED) può essere causata da problemi di salute, problemi emotivi o da una combinazione di entrambi.
Ci sono diversi fattori di rischio noti che possono contribuire alla comparsa dell’ED, tra cui l’età (in particolare oltre i 50 anni), livelli elevati di zucchero nel sangue (diabete), alta pressione sanguigna, malattie cardiovascolari, alti livelli di colesterolo, fumo, consumo di droghe o alcol e obesità.
Tuttavia, l’invecchiamento non sempre causerà l’ED e alcuni uomini rimangono sessualmente attivi fino ai loro 80 anni.
La disfunzione erettile può essere un segnale precoce di un problema di salute più serio, quindi trovare e trattare la causa sottostante della ED è un passo importante per la salute sessuale e generale.
Cause emotive
La disfunzione erettile può essere causata o aggravata da problemi emotivi o relazionali. Per un sano rapporto sessuale, la mente e il corpo devono lavorare insieme. Alcuni problemi emotivi che possono causare DE includono:
Impatto sulla vita dell’uomo
La disfunzione erettile (DE) può avere un impatto significativo sulla vita di un uomo. In primo luogo, può influire sulla sua capacità di avere una vita sessuale soddisfacente, causando ansia e frustrazione.
La DE può anche influenzare negativamente la sua autostima e la sua fiducia in se stesso come amante e come uomo.
Può anche causare tensione e conflitti nelle relazioni di coppia, poiché il partner potrebbe sentirsi respinto o indesiderato.
Inoltre, la DE può essere un segnale di avvertimento di malattie cardiovascolari, che possono avere conseguenze gravi sulla salute.
La ricerca ha anche dimostrato che gli uomini con DE hanno un rischio maggiore di depressione e altri disturbi psicologici.
Pertanto, se la DE sta influenzando la qualità della vita di un uomo, è importante cercare aiuto medico per identificare e trattare la causa sottostante e migliorare la funzione sessuale e la salute generale.
Impatto sulla vita di coppia
La disfunzione erettile non deve essere un tabù perché è una condizione medica comune che può influire sulla qualità della vita di un uomo e della sua compagna. Molti uomini provano vergogna o imbarazzo a parlarne e cercare aiuto medico, ma ignorare la DE può portare a problemi di salute più gravi e persino a depressione e ansia.
Inoltre, la DE può essere causata da una varietà di fattori, tra cui problemi di salute e fattori emotivi, e può essere trattata efficacemente con una combinazione di cambiamenti dello stile di vita, terapie comportamentali e farmaci.
Con la giusta assistenza medica e il supporto emotivo, la maggior parte degli uomini può superare la DE e tornare a una vita sessuale soddisfacente.
Trattamento della DE
Ci sono diversi trattamenti disponibili per la disfunzione erettile (DE) e la scelta dipende dalla causa sottostante e dalle preferenze del paziente.
È importante parlare con il medico per determinare quale trattamento potrebbe essere più appropriato e sicuro per ogni situazione.
Ricorda…
La disfunzione erettile non deve essere un tabù perché è una condizione medica comune che può influire sulla qualità della vita di un uomo e della sua compagna. Molti uomini provano vergogna o imbarazzo a parlarne e cercare aiuto medico, ma ignorare la DE può portare a problemi di salute più gravi e persino a depressione e ansia.
Inoltre, la DE può essere causata da una varietà di fattori, tra cui problemi di salute e fattori emotivi, e può essere trattata efficacemente con una combinazione di cambiamenti dello stile di vita, terapie comportamentali e farmaci. Con la giusta assistenza medica e il supporto emotivo, la maggior parte degli uomini può superare la DE e tornare a una vita sessuale soddisfacente.
Valentina Cicerone
Tirocinante di psicologia presso Studio Burdi
ANORGASMIA
Anorgasmia
quando il piacere sessuale è fuori portata
L’anorgasmia è un disturbo sessuale che colpisce sia gli uomini che le donne. Si tratta della difficoltà o impossibilità di raggiungere l’orgasmo durante l’attività sessuale.
L’anorgasmia può essere causata da una serie di fattori, sia psicologici che fisici. In questo articolo, esploreremo le cause, i sintomi e i trattamenti per l’anorgasmia.
L’anorgasmia può colpire sia gli uomini che le donne di tutte le età. Non esiste un profilo specifico di persona che può soffrire di questo disturbo sessuale, in quanto le cause possono essere molteplici e variano da persona a persona.
Alcuni studi suggeriscono che l’anorgasmia è più comune nelle donne rispetto agli uomini, ma ciò potrebbe essere dovuto al fatto che le donne spesso hanno una maggiore difficoltà a parlare apertamente dei loro problemi sessuali rispetto agli uomini.
In ogni caso, l’anorgasmia può avere un impatto significativo sulla qualità della vita sessuale e sul benessere psicologico e fisico della persona che ne soffre, motivo per cui è importante cercare il supporto di un professionista qualificato se si sospetta di avere questo disturbo.
Cause dell’anorgasmia
L’anorgasmia può essere causata da una varietà di fattori.
Tra le cause psicologiche, ci sono problemi di ansia, depressione, stress, insicurezza sessuale, traumi o abusi sessuali, problemi di relazione e di comunicazione con il partner, e altro ancora.
Le cause fisiche possono includere problemi ormonali, malattie o patologie che colpiscono il sistema riproduttivo, l’uso di farmaci specifici, e altro ancora.
Il sintomo principale dell’anorgasmia è la difficoltà o l’incapacità di raggiungere l’orgasmo durante l’attività sessuale.
Tuttavia, ci sono anche altri sintomi che possono accompagnare l’anorgasmia, come la mancanza di desiderio sessuale, la difficoltà a mantenere l’erezione (negli uomini), il dolore durante i rapporti sessuali, e altro ancora.
Anorgasmia nell’uomo
L’anorgasmia nell’uomo si verifica quando egli non riesce a raggiungere l’orgasmo durante l’attività sessuale.
Questa condizione può essere causata da una serie di fattori, come problemi fisici, psicologici o relazionali.
Ad esempio, problemi fisici come la disfunzione erettile, l’ipertrofia prostatica benigna o l’uso di alcuni farmaci possono causare anorgasmia nell’uomo.
D’altra parte, problemi psicologici come lo stress, l’ansia, la depressione, la bassa autostima o il trauma sessuale possono anche causare anorgasmia nell’uomo.
Anorgasmia nella donna
L’anorgasmia nella donna si riferisce all’incapacità di raggiungere l’orgasmo durante l’attività sessuale.
Questa condizione può essere causata da una varietà di fattori, tra cui problemi fisici, psicologici o relazionali.
Tra i problemi fisici che possono causare anorgasmia nelle donne, ci sono la disfunzione sessuale femminile, la menopausa, la chirurgia pelvica o l’endometriosi.
Allo stesso modo, problemi psicologici come l’ansia da prestazione, la depressione, il trauma sessuale o la scarsa autostima possono influire sulla capacità di una donna di raggiungere l’orgasmo.
Tipologie di anorgasmia
Esistono alcune classificazioni comuni dell’anorgasmia:
- Anorgasmia primaria e anorgasmia secondaria: l’anorgasmia primaria si riferisce all’incapacità di raggiungere l’orgasmo dalla prima attività sessuale, mentre l’anorgasmia secondaria si verifica quando una persona che in passato ha sperimentato orgasmi inizia ad avere difficoltà a raggiungerli.
- Anorgasmia generale e anorgasmia situazionale: l’anorgasmia generale si riferisce all’incapacità di raggiungere l’orgasmo in qualsiasi situazione sessuale, mentre l’anorgasmia situazionale si verifica solo in alcune situazioni.
- Anorgasmia primaria generalizzata e anorgasmia primaria selettiva: l’anorgasmia primaria generalizzata si riferisce all’incapacità di raggiungere l’orgasmo in qualsiasi forma di attività sessuale, mentre l’anorgasmia primaria selettiva si verifica solo in alcune forme di attività sessuale.
- Anorgasmia organica e anorgasmia psicogena: l’anorgasmia organica si riferisce a cause fisiche della condizione, come la disfunzione sessuale femminile o la disfunzione erettile, mentre l’anorgasmia psicogena è causata da fattori psicologici come lo stress, l’ansia o la depressione.
La classificazione dell’anorgasmia è importante per aiutare a identificare la causa sottostante e fornire il trattamento appropriato.
La valutazione di un medico o di uno specialista in sessuologia può aiutare a determinare la migliore opzione di trattamento per la condizione.
Impatto sulla vita
Chi soffre di anorgasmia può sperimentare una vasta gamma di emozioni e sensazioni. Gli uomini e le donne che soffrono di anorgasmia possono sentirsi frustrati e delusi per non essere in grado di raggiungere l’orgasmo durante l’attività sessuale, soprattutto se si sentono in colpa o inadeguati.
Inoltre, le persone che soffrono di anorgasmia possono provare un senso di perdita di controllo durante l’attività sessuale e una mancanza di piacere e di gratificazione.
Questi sentimenti possono portare a una ridotta autostima, ad un aumento dell’ansia e dello stress durante l’attività sessuale e ad un’insoddisfazione sessuale generale.
In alcuni casi, l’anorgasmia può anche portare ad una ridotta libido, alla disfunzione erettile negli uomini o alla secchezza vaginale nelle donne.
Questi sintomi possono a loro volta portare ad una riduzione dell’interesse per l’attività sessuale e ad un maggior rischio di evitamento del sesso.
È importante sottolineare che ogni persona può sperimentare l’anorgasmia in modo diverso e che le emozioni e le sensazioni associate possono variare da persona a persona.
In ogni caso, l’anorgasmia può avere un impatto significativo sulla vita sessuale e sulla salute mentale delle persone che ne soffrono.
Trattamenti per l’anorgasmia
Il trattamento dell’anorgasmia dipende dalle cause del disturbo.
In alcuni casi, il problema può essere risolto con la psicoterapia sessuologica per individuare le cause sottostanti, parallelamente avvicinando il soggetto a pratiche fiosioterapiche autogestite, attraverso stimolazioni auto erotiche, verso le quali potrebbe aver sviluppato forme di inibizioni dovute ad imbarazzi e vergogne, maturate lungo il suo percorso di vita, attraverso modalita educative disfunzionali.
In altri casi, possono essere necessari farmaci per trattare problemi ormonali o altre malattie fisiche.
In alcuni casi, è possibile utilizzare la stimolazione dei nervi genitali tramite vibrazioni o altri dispositivi.
Infine, possono essere utili esercizi per rinforzare i muscoli pelvici e migliorare la funzione sessuale.
Conclusioni
È importante notare che l’anorgasmia non deve essere un tabù o fonte di vergogna, e che molte persone ne soffrono.
Con il supporto adeguato, è possibile superare questo disturbo e godere di una vita sessuale soddisfacente.
In sintesi, se si sperimenta l’anorgasmia, è importante parlare con un medico o un professionista qualificato per discutere delle opzioni di trattamento disponibili e trovare la soluzione migliore per migliorare la propria vita sessuale e la propria salute mentale.
Valentina Cicerone
Tirocinante di psicologia presso
Studio BURDI
ContinuaCLITORIDIMIA
Clitoridinia
comprendere il dolore al clitoride e trovare sollievo
La clitorodinia è un disturbo che causa dolore al clitoride, manifestandosi attraverso sensazioni di bruciore, pulsazioni o pungenti.
Le cause del dolore possono essere molteplici, ad esempio lesioni, infezioni o danni all’area.
Inoltre, può essere causata da problemi psicologici come lo stress, l’ansia e la depressione che possono influire sulla sensibilità del clitoride e causare dolore.
Tuttavia, è importante sottolineare che la maggior parte dei casi di clitorodinia possono essere trattati con successo attraverso farmaci, terapia psicologica, terapia fisica o modifiche dello stile di vita.
È quindi possibile trovare sollievo dal dolore al clitoride e migliorare la propria qualità di vita.
Come si sente il dolore al clitoride?
Il dolore al clitoride è un disturbo che può essere lieve o grave, ma comunque molto fastidioso e influire sulla vita quotidiana. Il clitoride è una zona estremamente sensibile del corpo femminile, in quanto contiene migliaia di nervi. Il dolore può essere descritto come una sensazione di bruciore, pulsante, prurito o addirittura come un colpo o uno spasmo.
Il dolore può diffondersi in tutta la regione genitale o nella pelvi, e può essere accentuato da attività come indossare abiti attillati, fare la doccia o fare pipì.
Le persone che soffrono di clitoridinia possono sperimentare difficoltà a fare esercizio, camminare o stare seduti per lunghi periodi di tempo. Inoltre, molti evitano i rapporti sessuali e hanno problemi nelle relazioni intime.
Se il dolore al clitoride è causato da un’infezione, possono verificarsi altri sintomi come febbre, brividi o dolori muscolari. In rari casi, il dolore al clitoride può essere un segnale di un’emergenza medica e richiedere assistenza immediata.
È importante consultare il proprio medico per valutare le possibili cause del dolore e trovare il giusto trattamento per alleviarlo.
Cause della clitoridinia
Il dolore al clitoride può avere diverse cause. Una delle più comuni è rappresentata dalle perle di cheratina, che si formano quando le normali secrezioni del clitoride si induriscono.
Altre possibili cause possono essere:
- Infezioni vaginali: alcune infezioni, come la candida o la vaginosi batterica, possono causare dolore al clitoride
- Lesioni o traumi: un colpo o una caduta possono causare danni al clitoride e provocare dolore
- Patologie ginecologiche: alcune patologie, come la endometriosi o la vulvodinia, possono causare dolore al clitoride
- Problemi psicologici: lo stress, l’ansia e la depressione possono influire sulla sensibilità del clitoride e causare dolore
Trattamenti per la clitoridinia
Esistono diverse opzioni terapeutiche per trattare la clitoridinia, a seconda della causa sottostante. Tra i trattamenti più comuni possiamo citare:
- Terapia farmacologica: farmaci antinfiammatori, antifungini o antidolorifici possono essere prescritti per alleviare il dolore
- Terapia ormonale: in alcuni casi, la clitoridinia può essere causata da squilibri ormonali, e una terapia ormonale può aiutare a ripristinare l’equilibrio
- Terapia psicologica: se il dolore è causato da problemi psicologici, come lo stress o l’ansia, una terapia psicologica può aiutare a ridurre il dolore
Impatto sulla vita della donna
La clitoridinia, o dolore al clitoride, può avere un impatto significativo sulla vita delle donne che ne soffrono. Il dolore può essere costante o intermittente e può variare in intensità da lieve a grave. Questo può interferire con l’attività sessuale, causando difficoltà nella stimolazione del clitoride e rendendo l’orgasmo doloroso o impossibile.
Inoltre, il dolore al clitoride può interferire con l’attività quotidiana, rendendo scomodo indossare indumenti attillati o fare attività fisica. Alcune donne potrebbero anche sentirsi imbarazzate o imbarazzate a parlare del loro dolore con un medico o un partner sessuale, il che potrebbe impedire loro di ricevere il supporto di cui hanno bisogno.
Per questo motivo, è importante che le donne che soffrono di clitoridinia parlino con il loro medico per identificare la causa sottostante del dolore e trovare un trattamento appropriato. Ci sono molte opzioni di trattamento disponibili, tra cui cambiamenti nello stile di vita, terapia fisica, terapia psicologica, farmaci e interventi chirurgici in casi rari.
Una volta che la causa del dolore viene identificata e trattata, molte donne sono in grado di gestire o eliminare il loro dolore e tornare a una vita sessuale e quotidiana più confortevole.
Valentina Cicerone
Tirocinante di psicologia presso
Studio BURDI
ContinuaIL VAGINISMO
Quando il corpo dice no: la verità sul vaginismo e come superarlo
È risaputo che il sesso sia un’esperienza piacevole, divertente e ovviamente una della cose più belle in una relazione intima.
Sfortunatamente però per alcune persone il sesso è causa di molto stress e angoscia in quanto può rappresentare un esperienza dolorosa o in alcuni casi addirittura impossibile.
La causa principale di un rapporto sessuale doloroso per le donne è il vaginismo.
Il vaginismo è una condizione che colpisce le donne e che si caratterizza dalla contrazione involontaria dei muscoli vaginali durante il rapporto sessuale o durante la penetrazione. Tale contrazione può rendere il rapporto sessuale molto doloroso o impossibile.
Il vaginismo può avere un impatto significativo sulla vita di una donna, sia a livello fisico che psicologico.
Fisicamente, il vaginismo può causare dolore e disagio durante il rapporto sessuale o anche durante l’esame ginecologico. Questo dolore può portare alla diminuzione dell’interesse per il sesso, alla riduzione della lubrificazione vaginale e, in alcuni casi, anche alla completa evitazione del sesso. Le donne con vaginismo possono anche manifestare problemi di incontinenza e di difficoltà nella stessa defecazione.
Sul piano psicologico, il vaginismo può portare a sentimenti di vergogna, colpa, ansia e frustrazione. Le donne che soffrono di questa condizione possono provare vergogna riguardo al loro corpo e alla loro sessualità, così come ansia e paura nei confronti del sesso.
Inoltre, il vaginismo può anche influire sulla vita di coppia e sulla relazione con il partner, creando tensioni e difficoltà nella comunicazione.
Il vaginismo è definito dalle coppie come “la presenza di un muro” dove dovrebbe trovarsi l’apertura vaginale. Il forte bruciore e disagio provato nei ripetuti tentativi di penetrazione, solitamente fanno si che una coppia alla fine interrompa il rapporto sessuale.
Anche se curabile, molte donne si sentono sole ed incomprese, e spesso si sentono in imbarazzo nel cercare aiuto. Questo perché il vaginismo come la maggior parte dei problemi sessuali viene molto poco discusso.
Le cause del vaginismo possono essere sia fisiche che psicologiche. Tra le cause fisiche rientrano le infezioni vaginali, la menopausa, i traumi vaginali o le cicatrici. Tra le cause psicologiche rientrano invece l’ansia, la paura del dolore durante il rapporto sessuale, la mancanza di informazioni e la presenza di traumi o di esperienze sessuali negative nel passato.
Tipologie di vaginismo
Esistono diverse tipologie di vaginismo, tra cui:
- Vaginismo primario: si verifica quando una donna non è mai stata in grado di avere rapporti vaginali a causa di una contrazione involontaria dei muscoli vaginali.
- Vaginismo secondario: si verifica quando una donna che in passato ha avuto rapporti sessuali vaginali senza difficoltà inizia ad avere difficoltà a causa di una contrazione involontaria dei muscoli vaginali.
- Vaginismo situazionale: si verifica solo in determinate situazioni, ad esempio con un partner specifico o in una particolare posizione sessuale.
- Vaginismo generalizzato: si verifica in tutte le situazioni in cui si tenta di avere rapporti sessuali vaginali.
- Vaginismo associato a cause mediche: può essere causato da problemi di salute, come infezioni vaginali, fibromi uterini o endometriosi.
Il vaginismo a livello psicologico
Sebbene il vaginismo sia spesso considerato un disturbo fisico, ci sono anche fattori psicologici che possono contribuire al suo sviluppo.
Ad esempio, l’ansia da prestazione sessuale, le paure legate alla sessualità o i traumi sessuali passati possono contribuire allo sviluppo del vaginismo.
Inoltre, il vaginismo può essere il risultato di una combinazione di fattori fisici e psicologici. Ad esempio, se una donna ha sperimentato dolore durante la penetrazione a causa di una condizione medica, potrebbe sviluppare un riflesso di contrazione muscolare involontaria per evitare ulteriori danni o dolore, che potrebbe peggiorare nel tempo e diventare vaginismo.
Il vaginismo può essere trattato con successo attraverso una combinazione di terapie fisiche e psicologiche, come l’utilizzo di dilatatori vaginali per allentare la tensione muscolare e la terapia sessuale per aiutare a gestire l’ansia e le paure legate alla sessualità.
Il vaginismo e l’abuso sessuale
L’abuso sessuale può avere molteplici effetti negativi sulla salute mentale e sessuale delle persone, tra cui il vaginismo.
In particolare, le donne che hanno subito abusi sessuali possono sviluppare un riflesso di contrazione involontaria dei muscoli vaginali durante la penetrazione, come forma di protezione contro ulteriori danni o lesioni.
Il vaginismo può essere un sintomo di disturbo da stress post-traumatico (PTSD) in seguito all’abuso sessuale, o può essere associato ad altri disturbi dell’umore, come la depressione o l’ansia.
Tuttavia, è importante notare che non tutte le donne che hanno subito abusi sessuali sviluppano vaginismo. La risposta al trauma sessuale è altamente individuale e dipende da molteplici fattori, tra cui la gravità e la durata dell’abuso, l’età in cui è avvenuto e il supporto emotivo e psicologico ricevuto dopo l’evento.
Il trattamento del vaginismo nelle donne che hanno subito abusi sessuali richiede spesso una particolare attenzione e cura da parte degli operatori sanitari, poiché può essere associato ad ansia, paura, vergogna e altri problemi emotivi che richiedono un approccio integrato che coinvolga psicologi e terapeuti specializzati.
Disturbi dell’umore collegati al vaginismo
I disturbi dell’umore, come la depressione e l’ansia, possono essere collegati al vaginismo.
Le donne che soffrono di depressione o ansia possono avere difficoltà a rilassarsi durante il rapporto sessuale e possono avere difficoltà a provare piacere sessuale. Inoltre, l’ansia associata al vaginismo può causare una sensazione di panico o di incapacità di controllare i propri muscoli vaginali.
D’altra parte, il vaginismo può causare stress e frustrazione, che possono portare a disturbi dell’umore come la depressione.
La difficoltà a avere rapporti sessuali può anche portare a problemi di relazione e isolamento sociale, che possono peggiorare ulteriormente i sintomi depressivi o ansiosi.
È importante notare che il vaginismo non è una conseguenza diretta della depressione o dell’ansia, ma è piuttosto una risposta fisica e psicologica a fattori che possono includere anche problemi di autostima, relazionali o di disfunzione sessuale.
Tuttavia, il trattamento dei disturbi dell’umore può aiutare a ridurre i sintomi di ansia e depressione associati al vaginismo, migliorando la qualità della vita sessuale e relazionale delle donne che ne soffrono. Inoltre, il trattamento del vaginismo può anche migliorare la salute mentale e il benessere generale della persona.
Il vaginismo: un circolo vizioso
Il ciclo del dolore associato al vaginismo può essere descritto come segue:
- Anticipazione dell’esperienza dolorosa: la donna che soffre di vaginismo può anticipare il dolore associato al rapporto sessuale. Questa anticipazione può causare ansia e paura.
- Contrazione involontaria dei muscoli vaginali: quando la donna viene stimolata sessualmente o quando tenta la penetrazione, i muscoli della vagina si contraggono involontariamente. Questa contrazione può essere così forte da rendere impossibile la penetrazione.
- Dolore durante la penetrazione: a causa della contrazione dei muscoli vaginali, la penetrazione può diventare molto dolorosa. Questo dolore può ulteriormente aumentare l’ansia e la paura della donna.
- Evitamento del rapporto sessuale: a causa dell’esperienza dolorosa, la donna può evitare il rapporto sessuale. Questo evitamento può portare a problemi di intimità e di relazione.
- Continua anticipazione del dolore: a causa dell’esperienza dolorosa passata, la donna può continuare ad anticipare il dolore durante il rapporto sessuale. Questa anticipazione può ulteriormente aumentare l’ansia e la paura e aggravare il ciclo del dolore.
Il ciclo del dolore associato al vaginismo può diventare un circolo vizioso che porta a un aumento dell’ansia e del dolore.
Approccio al trattamento
Poiché il vaginismo è una condizione involontaria che si autoalimenta, normalmente non si risolverà spontaneamente se non adeguatamente affrontato.
Fortunatamente, attraverso un trattamento efficace, le donne affette da vaginismo possono imparare a controllare e rilassare la reazione muscolare iperreattiva che è caratteristica della condizione.
Mentre la donna (e il suo partner) possono stabilire un primo contatto con un sessuologo/psicologo, l’approccio terapeutico ottimale è multidisciplinare, e di solito prevede la collaborazione di uno o più altri professionisti della salute.
Di solito è necessario rivolgersi a un ginecologo/medico di base per l’indagine sui fattori di rischio fisiologici.
Dopo il consulto ginecologico, è spesso opportuno che il cliente venga valutato e curato da un fisioterapista specializzato nella funzionalità del pavimento pelvico. Il fisioterapista svolge un ruolo fondamentale nell’addestrare e supportare la cliente nel rilassamento muscolare e nell’utilizzo dei dilatatori vaginali. Questo processo avviene in concomitanza con il lavoro del sessuologo che si concentra sulle questioni psicologiche del dolore, del sesso, dei fattori individuali e delle dinamiche di coppia.
Valentina Cicerone
Tirocinante di psicologia presso
Studio BURDI
ContinuaL’ Angolo della Poesia di Psicologia
IL CONTROLLO
Quando l’angoscia di perdere brucia
ed il vuoto interiore dilaga,
quando un altro t’infonde sfiducia
e con noncuranza i tuoi sforzi ripaga,
ti vedi costretto a porre rimedio,
quasi come ne avessi il diritto,
a trasformare l’amore in assedio
e il rispetto in un atto prescritto.
Dici a lei: «Mi nascondi qualcosa!
Credi forse mi lasci schernire?
O tu possa ingannarmi per bene?
Mi conosci, non starò fermo in posa
e non vedrò la tua brama tradire.
La tua vita oramai mi appartiene».
L’AMORE UNILATERALE
Il cuore, si sa, è un organo ribelle,
ti parla, t’illude e ti convince di tutto,
racconta imprese eroiche e belle novelle,
talvolta troppo grandi e passionali soprattutto, che al confronto col reale l’anima non regge.
Sì, perché se è vero che in amor non v’è legge, succede che lo slancio iniziale sia corrotto dal folle desiderio di facile riuscita di e come il prigionier che nota la crepa e pensa a un muro rotto e nella cella prende a scavare senza indugio in cerca dell’uscita, di quella libertà che tante notti insonni ha provocato,
così lo spirito del pretendente d’amor intestardito, cieco di passione e dal desiderio abbagliato, della terra che calpesta non si cura ma, rapito nella spinta del fatal delirio,
non s’accorge d’aver al suo cospetto anima d’altra fattura.
simone oliva
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Per Dirsi Vivi
IL DIALOGO INTERIORE CONTRO CATENE E SENSI DI COLPA
Buster Keaton nel 1922, faceva aprire il cortometraggio COPS, da un aforisma di Harry Houdini: “Love laughs at locksmits” (tr.:l’amore si prende gioco dei fabbri). Nella massima, si riconosce l’avventura umana dell’illusionista ungherese, proprio in quegli anni all’apice del suo successo, unico uomo al mondo, dotato di strabilianti capacità nel liberarsi da corde, catene e lucchetti. Keaton ne approfitta e usa la frase, per dare un senso ai suoi venti minuti di girato. Quel corto, svelò poi, al grande pubblico, che dietro la genialità comica del regista, era percepibile una riflessione sulla società reduce del primo conflitto mondiale. Trionfo supportato dalla critica che subito percepì questa dualità d’intenti: “Nel film, come in Kafka, la legge trascende l’umano e gli impone il suo movimento, le sue illusioni, quindi il suo verdetto”. (R. Benayoun, Lo sguardo di Buster Keaton).
La trama, come la maggior parte dei film dell’epoca è elementare: un perdigiorno si innamora di una ragazza d’alta borghesia. L’amore non è contraccambiato, per troppa differenza di censo. Da qui, il giovane cerca di riscattarsi, ma, ogni sua azione è puntualmente fraintesa, da chi gli si para davanti. Il film diventa, per questo, kafkiano, perché la società che lo fraintende, paradossalmente, lo giudica e lo condanna, per azioni che, il poveretto, non ha commesso. Difatti, nella scena finale, non saranno i poliziotti ad arrestarlo, ma, lui stesso, si consegnerà al carcere, consapevole di non avere altre scelte, per restare vivo.
Keaton sembra amplificare all’eccesso, una riflessione che Freud aveva già teorizzato un anno prima, ne “La psicologia delle masse e l’analisi dell’io”: “Nella vita psichica del singolo l’altro è regolarmente presente come modello, come oggetto, come soccorritore, come nemico, e pertanto, in quest’accezione più ampia ma indiscutibilmente legittima, la psicologia individuale è anche, psicologia sociale”; uno dei principi che spianeranno la strada alla critica sociale, poi codificata dalla Scuola di Francoforte (1923).
Un dubbio, però, resta: se tutto si conclude con una inevitabile resa, perché iniziare con quella premessa?
L’intento di Keaton è dare una chiave di lettura nitida allo spettatore. Il “love” è posto in antitesi ai criteri della società, persino al destino che gli viene appioppato; anche le catene della prigione, non andranno a colpire la sincerità dei suoi sentimenti e del suo operato. Solo l’autenticità delle sue emozioni, lo libera da un senso di colpa inflitto ed anche dal totale fallimento. In questo modo, esorcizza la voce che lo vuole come vittima e reietto: “Quella voce è molto probabilmente un coro interiorizzato di voci dei genitori e di altre autorità, insieme al nostro modo particolare in cui gestiamo e parliamo a noi stessi. Anche se questa non è una sensazione piacevole, la maggior parte di noi può affrontarla, soprattutto se ci spinge a fare qualcosa che ci consenta di riconoscere le nostre azioni e di provvedere a correggerle. In realtà, la colpa spesso implica il desiderio di fare ammenda e annullare l’offesa”. (Melanie Klein 1882 – 1960).
Si potrebbe dire che il film, tra lo svolgimento della trama e intenti dell’autore, mette in campo un vero e proprio dialogo analitico, tra ciò che il protagonista prova e l’ineluttabilità dei mores, smontati proprio dalla sua consapevolezza, sospesa tra amore e continuo desiderio di riscatto, per non potersi dire vittima degli eventi.
In questo senso, il cortometraggio è kafkiano anche e soprattutto, per la battaglia intrapresa contro il senso di colpa.
Nel 1952, viene pubblicata a quasi trentadue anni dalla sua scrittura, una lettera di Kafka. È rivolta a suo padre, anche se mai fattagli recapitare, nemmeno dopo la morte dello scrittore, avvenuta nel 1924. Non è soltanto un’invettiva. È la liberazione, messa per iscritto, da un fardello pesantissimo: l’aver passato la vita a inseguire ideali perpetrati da un padre rigidissimo, con la consapevolezza che malgrado ogni sforzo, non sarebbe, alla fine, mai stato all’altezza delle aspettative: “io avevo perso la fiducia in me stesso, sostituendola con un immenso senso di colpa”.
Senso di colpa riversato, in ogni forma immaginabile e non, in tutte le sue opere. Il libello non è soltanto invettiva, perché Kafka, verso la fine dello scritto, è conscio di aver trovato una sua identità: “la vita è qualcosa di più che un gioco di pazienza.” Ora, è lui ad insegnare al padre e ciò lo distanzia dalla sola ribellione di maniera. Ed è qui che la sua melanconia diventa simile alla comicità di Keaton; leggera, perché modellata attraverso i battiti di un cuore che si è speso, a mani nude, contro tutte le avversità.
Herman Melville su questo eterno combattimento, ci fece un romanzo e lo chiamò Moby Dick, dove racconta l’epico assalto a un mostro temuto e indomabile, l’unico modo, per dichiarare, senza possibilità di smentite, d’aver vissuto veramente: “Nel tempestoso Atlantico del mio essere, io sempre godo di una muta calma nell’intimo e, mentre pesanti pianeti di dolore incessante mi ruotano intorno, laggiù in fondo continuo a bagnarmi in un’eterna soavità di gioia.” (H.M.)
Mostri, fraintendimenti, sensi di colpa, giudizi affrettati, catene, lettere abbozzate o perse, tradimenti e personaggi oscuri, li abbiamo visti, incontrati e molto probabilmente, li ritroveremo; scegliere come affrontarli, per essere liberi è ciò che ci permette di dirci vivi.
luca anaclerio
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La Simbiosi
LA RELAZIONE SIMBIOTICA GENITORE FIGLIO
La simbiosi in psicologia identifica un rapporto di stretta dipendenza fisica e psicologica tra due individui.
La relazione simbiotica tra genitore e figlio, è in partenza una relazione che implica risorse impari, il cui instaurarsi può costituire una forte limitazione per lo sviluppo psicologico e per il percorso verso la realizzazione di sé del figlio, dall’infanzia fino all’età adulta.
D’altro canto il genitore simbiotico, spesso disinvestito dal rapporto col partner (l’altro genitore) vede e vive il proprio figlio come un’estensione di sé, fonte di riscatto da mancate realizzazioni e veicolo quasi scontato di gratificazione delle proprie aspettative e proiezioni.
In questo senso la relazione simbiotica con il genitore si profila come una relazione di potere, oltre che di mutua dipendenza, che per certi versi potrebbe essere assimilata ad una sorta di “incesto affettivo” in cui vi è un abusato e un abusante.
Essa può comportare infatti la parziale o la totale perdita di autonomia, del senso di identità profondo, del contatto con i propri desideri del figlio, poiché i desideri dell’uno e dell’altro si confondono, in un intreccio in cui i desideri di colui che ha un apparato psichico più sviluppato, prevalgono.
Il figlio coinvolto nella relazione simbiotica cresce e si sviluppa con una sorta di seconda coscienza, la cui voce si affianca e a volte si sostituisce alla propria, una voce da cui ricerca il consenso e senza il cui consenso prova senso di colpa e rabbia…alle cui richieste e alle cui intrusioni non sa dire di no, perché quel no è il tradimento di un patto di sangue…
Una seconda coscienza che non è la sua, ma che vede e sente tutto ciò che egli fa, che egli pensa, anche l’indicibile…che giudica e commenta, da cui non può sfuggire, non può nascondersi, perché questa è nel contempo sostegno e pegno. Affettuosa e spietata.
Il figlio simbiotico è spesso nostalgico e melanconico, accompagnato permanentemente da una sorta di tristezza abbandonica per quel distacco dal ventre materno/paterno che in realtà non è mai stato realizzato e che è paventato ogni qualvolta la vita richiede un atto di indipendenza, ma anche ogni qualvoltasi instaurano o si prospettano nuove relazioni che hanno bisogno di nutrimento e che richiedono l’uscita da quella posizione simbiotica, confortevole, ma anche condanna all’immobilità e alla rinuncia ad una vita originale autonoma e indipendente.
Sciogliere la relazione simbiotica comporta certamente la rottura di un equilibrio che necessita di essere gradualmente ripristinato.
Il figlio emancipato dalla relazione simbiotica puo’ iniziare a riscoprire e a riconoscere il gusto di un dialogo interiore puro con la propria coscienza, iniziare a fare scelte libere, liberate dallo sguardo e dalla voce dell’altro, liberate anche dalla paura della separazione dal genitore, con cui può, attraverso un opportuno accompagnamento, ristabilire una relazione diversa, alla pari, una relazione finalmente da “adulto”.
Sintesi a cura di:
Dott.ssa Laura Cecchetto
Tirocinante di Psicologia
presso Studio Burdi
Le Due Facce Della Medaglia
- LE DUE FACCE DELLA MEDAGLIA
Nelle vite di ognuno di noi è sicuramente capitato di ritrovarci in situazioni che compromettono il nostro buon umore, che siano problemi d’amore, perdite di persone care, provare solitudine o ambiguità quando si è all’interno di un gruppo di persone, problemi nel relazionarsi con gli altri, introversione, vergogna di sé stessi e così via. Ciò che bisogna capire è che qualsiasi cosa accada, essa ha un lato negativo ma anche (e soprattutto) positivo.
Di fronte a circostanze quali quelle elencate precedentemente il sentimento predominante è l’infelicità, un sentimento alquanto spiacevole da provare, ma non se si impara a gestirlo propriamente. Attraversare un momento triste, infatti, è il più efficace metodo di crescita che l’uomo possa avere a sua disposizione, solo se si sa girare la medaglia dall’altro lato. E per imparare a farlo bisogna scontrarsi con un nemico crudele e invisibile agli occhi: noi stessi. Si può capire in qualche modo come scoprire questa parte inconscia? Assolutamente sì.
Ognuno di noi ha un’identità, seppure non chiara e ben definita, a cui corrisponde un’altra esattamente contraria alla nostra o, in parole più spicciole, quella parte che non ritroviamo nella nostra identità perché non ci piace o perché estranea ad essa. Solitamente ci se ne accorge quando si ha a che fare con persone molto diverse da noi, ma il nostro obbiettivo è creare quella sorta di persona dentro noi stessi che corrisponda all’esatto opposto dei nostri gusti, del nostro comportamento, del nostro stile, cosicché si possano mettere più realtà a confronto. Tuttavia è corretto esplicitare anche quella parte che potrebbe risultare “maligna” o “tossica”, che è però da utilizzare solo a confronto con i suoi e mai da sola.
Dunque c’è bisogno prima di tutto di creare questo opposto, successivamente conoscerlo e infine saperlo sfruttare al meglio.Alcuni esempi possono rendere meglio l’idea di quanto affermato precedentemente.Di fronte alla rottura di una relazione amorosa, non bisogna dare spazio solo alla sofferenza, bensì anche a quella parte di noi stessi che ci sussurra che i vincoli comportati dalla precedente situazione sono sciolti, oppure, se la relazione è terminata, si può finalmente dire di aver messo un punto a tutti i disguidi e litigi che hanno portato alla rottura. E il tutto può essere migliorato ulteriormente dalla visione dell’amore non come unica ragione di vita ma come la più importante tra le relazioni sociali che si ha, senza escludere le altre meno importanti.
Nel caso di un lutto, la tristezza è imminente. Non sarà così intensa se non si vede il lutto come una perdita ma come un “passaggio” di valori e insegnamenti che il caro ha lasciato e fare in modo che diventino parte di noi, contrariamente a quando probabilmente, durante la vita, venivano ignorati o considerati di poco conto; una sorta di convivenza delle nostre voci interiori con la voce del caro, facendola parlare come se fosse accanto a noi in ogni momento ed esserne felici del ricordo, non tristi per la perdita.
È corretto parlare anche della vergogna di fare ciò che si desidera o ciò che ci piace. Partendo dal presupposto che molte delle persone che passeggiano casualmente non proveranno nessun particolare interesse nei confronti di altri passanti, dobbiamo sentirci più a nostro agio con l’ambiente che ci circonda. Non piacciamo a qualcuno? Per il semplice fatto che non ci adeguiamo alla massa? Adesso, parlando nello specifico di te, lettore, se ritieni di essere diverso da tutti, non pensi sia meglio? Non sarebbe così noioso essere uguale a tutti in comportamento, pensiero ed estetica? E ancora, tu lettore, ti sentiresti meglio ad esprimere te stesso appieno o a nascondere te stesso in quella grande categoria che non fa altro che adeguarsi?
Sono più che sicuro che la risposta è arrivata impulsivamente, da quel che si potrebbe definire “numero 1” della nostra persona, ovvero quel segmento di noi stessi che ci da risposte a situazioni senza analizzarle dal punto di vista razionale.
Qui la seconda faccia della medaglia si può facilmente riassumere con il detto “come ci sarà qualcuno a cui non piace quello che fai, ci sarà anche chi ti adorerà per quello che sei” -e aggiungo- “che ti supporterà per far si che ciò che ti piace si realizzi”. Sta solo a noi la scelta di aprirci affinché arrivi questo cambiamento, nessuno girerà la medaglia al nostro posto. E la vita è troppo breve per non essere vissuta da tutti i lati che ci permette di analizzare.
davide
ContinuaCredere in Se
CREDERE IN SE
Quando avevo 6 anni, avevo già deciso che da grande avrei fatto l’archeologa e che mi sarei laureata a 24 anni e poi a lavorare.
A 14 anni, avevo già deciso che sarei andata in Cina e che avrei imparato questa lingua.
Perché la Cina? Perché è lontano da tutti e perché è diversa, ma soprattutto li, posso contare solo su me stessa.
E’ andando in Cina che sono il più cresciuta: il primo viaggio da sola, iscritta all’università cinese (quasi) da sola, dovevo incontrare gente diversa per non stare da sola in un paese cosi lontano da tutto e da tutti quelli che conosco. Incontrare gente nuova.
Contare solo sulle mie forze, la mia determinazione e la mia volontà. Sono la sola della famiglia a sapere parlare, leggere e scrivere in cinese.
Ho tre lauree specialistiche: una in archeologia cinese (con un soggetto di tesi molto originale e di cui ero la prima in Europa a discutere di questo soggetto: la via dell’anima nelle tombe reali e principesche della dinastia dei Ming); una laurea sull’insegnamento del cinese per stranieri (con tesi sul fumetto cinese) e un’altra laurea sull’insegnamento del francese per stranieri (con tesi sulla scrittura creativa e la doppia identità linguistica degli studenti cinesi). La prima laurea mi è piaciuta tantissimo e sono andata in Cina a fare ricerca sul terreno, con una piccola borsa di studio per la mia ricerca: pieni voti, tutto ottenuto da sola.
La seconda e la terza laurea: ho odiato farlo perché l’ho fatto per trovare lavoro e mentre lavoravo. Università e lavoro e famiglia: ero diventato un robot. Forte, inarrestabile. Fino a cadere. In depressione perché non era quello che volevo fare.
Volevo andare in Cina a studiare bene la lingua e la cultura cinese, forse integrando davvero un’università, come studente e non più come insegnante. Mi piaceva molto insegnare la letteratura francese all’università. Ma mi piacerebbe di più fare un dottorato in archeologia cinese.
Ora non ci posso più andare, perché la Cina è chiusa. Perché mi sono chiusa in Cina. Perché ho odiato studiare il cinese durante la mia seconda laurea. E soprattutto: avevo smesso di credere in me.
Ora, ho deciso di credere di nuovo in me stessa.
Ripasso per la sesta volta l’HSK 6? Ci riprovo. Non più per averlo e basta, ma per me, perché ora che ho iniziato a studiare di nuovo il cinese con piacere, mi diverto e ho voglia di ritentarlo. Durante la scuola obbligatoria e alcuni anni universitari, non sono mai stata bocciata ma ogni anno ho rischiato di esserlo. Perché non sono stata bocciata? Perché mi conoscevo abbastanza da sapere che se avessi ripetuto l’anno, non avrei ascoltato e avrei fatto altro.
A 6 anni, sapevo scrivere meglio in geroglifico che l’alfabeto.
A 16 anni, malgrado i miei gravissimi problemi di italiano, ho scritto delle poesie e ho pubblicato un libro e un lettore l’ho incontrato, per caso, in Cina e un altro romanzo è in preparazione (la bozza è in correzione).
Queste promesse le ho fatte prima a me e solo a me stessa.
IO nascerò per me sola ancora nascerò, alcun vento mi potrà più fare male, ormai affronto il mare… A che passo sono oggi? La conferma del vero me.
A tutti quelli che dicono « Non ce la farai mai” oppure che credono di sé di non essere abbastanza: piuttosto che guardare com’è bella, figa e soprattutto falsa la vita degli altri sui socia media, ed invidiarli: è meglio osservare e ricercare attentamente la causa scatenante dell’invidia e brama di ambizione scaturita dal “Perché lui/lei si’ e io no?” e cercare di imitare il loro percorso di riuscita e successo piuttosto che parlare bene e razzolare male e soprattutto sputare rabbia repressa di auto-commiserazione inutile e compiaciuto vittimismo.
Ricorda: C’è qualcuno che sa quanto vali, quanto sei grande e quel che è più importante: che ti ama molto moltissimo. Te stesso.
Amarsi è scegliere la vita che si desidera e le persone con il quale condividerla, è saper apprezzare la compagnia delle persone che riconoscono il proprio valore e con cui è piace
eva blasi
ContinuaIl Silenzio
IL SILENZIO
Il silenzio è tacere, rappresenta l’ assenza di rumori, la pausa fra le note, è la zona d’ombra, l’angolo oscuro, lì dove le immagini non arrivano. Diremmo che è un interruttore, è il poter spegnere, staccare la spina col mondo, con tutto, esso ci impone un incontro ed un ascolto profondo di noi, ci sbatte in faccia noi stessi, può essere accoglienza e quiete, compitezza e contemplazione, o preghiera e raccoglimento.
Il silenzio è il nulla, è il concepimento della vita che sembrerebbe nascere da quel nulla, è il contenimento in un utero materno, la gestazione che raccoglie, è la carezza sopra il ventre, il battito sotto il palmo, il movimento della vita sotto pelle, è il sospiro che contempla la nascita, il grembo che contiene l’ urlo della nascita, il respiro appena percepito, tutto accade nell’ estremo placido silenzio.
È il silenzio a partorire il gemito della vita. Nell’ ascolto, il silenzio fa’ da sfondo, permette di vedere le immagini, le parole, come il passare il gomito sull’alone del vapore di uno specchio, è come il tergi cristallo che spazza via la pioggia dei pensieri che si infilzano addosso come dei detriti; il silenzio è accoglienza, quando c’è la disponibilità a voler mettere il proprio tempo al primo posto, a non farsi ingannare e distogliere dalle interferenze indesiderate e dagli imprevisti.
È accoglienza perché è un abbraccio con sé stessi e mette le mani avanti al mondo; il silenzio è quiete, quando lascia la mano a tutto ciò che è tensione fuori, quando molla con tutte le pressioni, diventa contemplazione e preghiera se cerca di tuffarsi nella propria vita; il silenzio è contenimento di sé, se riesce a scollare di dosso tutte quelle placche di incrostazioni che non sono proprie.
Il silenzio è un rumore bianco che ti ovatta, appare come un vuoto privo di suoni che percepisci lontano, ti ritrovi in un nulla nel quale galleggiare, dove poter dire “io non centro nulla con loro, sono mio”.. immerso come in un fondale, in un deserto ricoperto di dune, nuotare e galleggiare a filo d’ acqua, volare in pieno cielo terso o nuvolo, è planare delicatamente verso il suolo, è il buio dello spazio, è la luce intorno al perimetro dei pianeti, il silenzio è un suono taciuto è quell’ istante prima di addormentarsi, il sonno nella notte.
Col silenzio si rinasce. L’ urlo della nascita irrompe ed infrange il silenzio della casa uterina, irrompe l’isolamento e la solitudine, catapulta nei rumori, nei suoni, sul palcoscenico della vita. Una vita deve essere fatta di parole, di chiasso, di frastuoni, di bla bla bla, di folle che parlano fuori e parlano dentro, di nevrosi e conflitti fuori e dentro di noi, e da un silenzio assoluto, da un vuoto del ventre, all’ ingresso nel caos.
È il silenzio che offre la dimensione e il senso al caos, permette di scegliere e selezionare ciò che è buono e crea il bene. La vita è un continuo sgomitare e farsi spazio a spintoni tra situazioni orride, vacue e sgradevoli, ci impone sempre di fare delle scelte, di circondarci di ciò che è bello, vero, del tesoro sul fondo profondo, rispetto a ciò che violi la nostra esistenza, la derubi o la imbratti, o la deturpi. La vita è una continua ricerca del bello ed una ricarica di significati, considerata la sua temporaneità, tale che se fosse eterna non li cercheremmo.
In questo segmento di tempo limitato, abbiamo l’ansia, di rendere la vita più serena e felice, di non sprecarla o riempirla di oggetti immondi o di persone futili, non c’è molto spazio in essa, per scontati limiti di tempo, se non per tutto ciò che è splendido, non c’è spazio per gli zirconi, strass in plastica, falsi luccicanti. Tutti abbiamo il diritto all’autentico, a tutto ciò che è prezioso.
Ma ci confondiamo, perché le persone non maliziose, credono a tutto, non hanno ambiguità, vedono il bene dappertutto, lì dove c’è anche il male, perché il bene è dentro di loro, non hanno occhiali se non quelli molto luminosi. E chi è molto luminoso, attrae i bui altrui, per farsi illuminare, attrae le notti degli altri e con le notti altrui non si deve affatto scherzare, sono intrise di trappole e pozzanghere che sono dei mari, appaiono ruscelli ma sono fogne che fanno molto rumore e lasciano i loro traumi.
Il silenzio nasce dall’ansia di fare pulizia, di essere più leggeri, di imparare a distinguere, gli angeli dai demoni, tutto ciò che è ambiguo, plagiato, contraffatto, fake, taroccato. Abbiamo bisogno di comprendere, fare chiarezza dentro di noi, selezionare uno ad uno, i sassi dalle pietre preziose. Il silenzio è fare deserto intorno a noi, è un ritorno, all’origine uterina, all’ essenziale, alla gioia di una nascita alla purezza, al non contaminato, alla solitudine di un Eden protetto, questa non va temuta, andrebbe ricercata, perché favorisce l’ordine cosmico dentro di noi, di disintossicarci, di respirare, di rintracciare cosa espellere.
Alle volte siamo vittime di un vortice, affogati dalla quotidianità, dalle sabbie mobili del materialismo, da oggetti accumulati, privi di senso, li rendiamo indispensabili, tutto diventa importante, dimenticando la vita. Nulla è per sempre, solo il viaggio ha la sua certezza, perché la meta è un grossissimo limite. Il segmento del viaggio ha un senso solo se vissuto intensamente e per bene. Recita un post: “ noi abbiamo due vite, la seconda inizia quando ci rendiamo conto di averne una”. Tutto ciò che conquistiamo e abbiamo, non ha lo stesso valore del tempo che abbiamo, è in comodato d’ uso, come la vita, e il problema è, che è un comodato d’ uso affatto che gratuito.
Siamo utilizzatori di beni e di oggetti, ma ci identifichiamo con essi da renderci loro creatori e padroni, onnipotenti e onnipresenti, come fossero d’acciaio, ignorando la loro precarietà e la loro ruggine, il loro decadimento e la temporaneità. Il silenzio ci ricorda che il tempo che abbiamo va speso bene, con molta attenzione e moderazione, vicini a chi lo accoglie e non lo toglie, va vissuto come un viaggio, scegliendo attentamente con chi farlo.
Fortunatamente esistono i sogni, le fantasie, questi li incontri solo nella segretezza del tuo silenzio, nella chiusura del tuo scrigno, in quell’idea migliore di te, da realizzare. Il silenzio è l’incontro con casa nostra, esso è la prima casa dove trovare rifugio, è la nostra baita, la nostra patria, è l’ ardore di un caminetto, la passeggiata sul bagno asciuga.
È l’ incontro con le memorie del tuo sottosuolo, con i sotterranei della tua anima, con l’ indicibile, col tuo numero uno che non smette mai di parlarti, esso è l’ assoluto dell’ incontro con la tua umanità, l’incontro con il tuo nome, quel nome col quale nessun’ altro può confondersi. Ricordati sempre che hai un nome e con esso, nel mondo, ci sei solo tu. Nessuno può entrarci se tu non lo vuoi, sei la tua proprietà, difendila, non c’è parente, amore o amico o estraneo che possa violarla.
Il silenzio decide a chi chiudere o aprire la tua porta. Chi sei, puoi dirlo solo e attraverso il tuo silenzio.
giorgio burdi
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