Puó una profonda spiritualità essere curativa come una psicoterapia di un tradizionale psicologo
Egregio Dott. Burdi,
sono Angelo, un ragazzo che ammira molto l’esercizio della professione di psicologo, in particolare nel campo del contrasto ai disturbi dell’umore, d’ansia, relazionali e a determinate forme di dipendenza, temi che ho avuto modo di approfondire nel corso dei miei studi. Oltre a ciò, il mio interesse per determinate tematiche religiose mi spinge a scriverLe perchè, nello specifico, vorrei condividere con Lei le seguenti riflessioni sulla figura di Edith Stein (Santa Teresa Benedetta della Croce), alla quale viene giustamente riconosciuta una grande importanza, come si evince nel seguente link, alla fine del testo, contenuto all’interno del sito dell’Associazione Italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici:
http://www.aippc.net/modules.php?name=Content&pa=showpage&pid=9
Ritengo infatti che il suo ricordo sia molto importante, soprattutto in virtù del fatto di essere stata l’autrice di scritti di notevole rilevanza, a partire da: “Il problema dell’empatia”.
In esso, tra le altre cose, si afferma, come evidenziato dal Centro Studi Edith Stein, che se da un lato ogni io rimane estraneo all’altro, in quanto un’immedesimazione totale è impossibile, è anche vero che è possibile comprendere attraverso la “presentificazione” di ciò che l’altro pensa, vive e sente.
Oltre a ciò, nel suo ultimo scritto, Edith Stein, si concentra su un’attenta analisi dell’interiorità; nello specifico, come ancora sottolineato dal Centro Studi a Lei dedicato, secondo Lei è nel fondo dell’anima che si intuisce il significato della propria esistenza; non ci si trova di fronte ad un vuoto, ma, al contrario, si avverte tutta la forza della persona nella sua unità. E’ quello che Santa Teresa di Gesù chiama il “castello interiore”. Inoltre, Edith Stein mette in risalto l’insegnamento di San Giovanni della Croce, secondo il quale prendere la via della Croce significa liberarsi da ogni desiderio per giungere fino all’annullamento del proprio essere che avviene nel momento in cui si attua l’unione con Dio. Per ottenere tale risultato l’anima deve entrare nella “notte attiva” dei sensi, cioè consegnarsi alla crocifissione; quando le tre energie dell’anima umana, già indicate da Sant’Agostino, l’intelligenza, la memoria e la volontà si annullano nella fede, quest’ultima si unisce nella completa oscurità con Dio che supera ogni intelletto e comprensione naturale. Quest’atto di purificazione dell’anima non è tuttavia sufficiente; sarebbe presuntuoso da parte dell’uomo pretendere di compiere con le sue forze l’unificazione interiore con Dio; la “notte passiva” si attua quando interviene Dio e all’anima è concesso di contemplare la sua sapienza misteriosa. Salire a Dio e scendere in sè stessi è la medesima cosa; il luogo più profondo dell’anima non è accessibile ad alcuno spirito all’infuori di Dio. Anche se l’essere umano non vede mai completamente il suo intimo che solo Dio conosce interamente, egli tuttavia ne può disporre, è libero. In questo modo si giustifica la sua autonomia e contemporaneamente la sua profonda unità con Dio. Edith Stein insiste, quindi, sulla comunione, non astrattamente intellettuale, ma pienamente vissuta tra l’essere umano e Dio. Secondo Lei è questa la via da percorrere per penetrare veramente nella nostra realtà, che è in ultima analisi coincidente con quella divina; si tratta di un atto intuitivo che sembra annientare il nostro essere, ma che invece permette di coglierlo nella sua verità.
Da questi scritti e non solo, si evince pertanto la profonda spiritualità di una donna straordinaria che, entrata nelle Carmelitane di Colonia nel 1933, morì martire per la fede cristiana ad Auschwitz nelle camere a gas nel 1942, durante la persecuzione nazista. Beatificata da Giovanni Paolo II a Colonia l’1 maggio 1987, è stata canonizzata l’11 ottobre del 1998.
E’ molto bello sottolineare ciò che Lei pensò fino all’ultimo: “Credo in Dio. Credo che la natura di Dio è amore; credo che nell’amore l’uomo esiste, è sostenuto da Dio, è salvato da Dio”, volendo con ciò esprimere la dimensione intima del suo vissuto e contemporaneamente affermare che l’odio si può vincere solo se vi si contrappone un amore vero, genuino autentico, quell’amore che viene direttamente da Dio.
Tornando al lavoro svolto dagli psicologi, è proprio questo amore, come si evince dalle parole dello psicologo e psicoterapeuta cattolico Roberto Marchesini, nella prefazione del libro “Rudolf Allers, psicologia e cattolicesimo”, che dovrebbe essere riversato abbondantemente sui pazienti; a tal proposito, sono molto profonde le sue parole, soprattutto quando sottolinea l’importanza di pregare prima di un colloquio, ricordarsi dei propri pazienti nel rosario serale, sforzarsi di vedere il volto di Cristo nel paziente che si ha di fronte. Egli infatti denuncia il rischio di scindersi, ossia di essere cattolico nella preghiera quotidiana, nella frequenza ai sacramenti, nel tentativo di attuare la dottrina sociale della Chiesa dove ve ne sia la possibilità; ma di chiudere tutto questo fuori dalla stanza di terapia. Alla luce di tutto ciò, si rende pertanto necessario andare alla ricerca di una psicologia costruita su un’antropologia essenzialmente cattolica, come fece appunto Rudolf Allers.
A conclusione di quanto esposto, con l’intenzione di suscitare l’attenzione intorno alla figura di Edith Stein e rimanendo in attesa di Sue eventuali riflessioni in merito al contenuto del mio messaggio, Le auguro un buon proseguimento della Sua attività ed auguro a Lei ed alla Sua famiglia tanta pace, gioia e serenità. I miei più cordiali saluti. Angelo
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