Istruzioni per rendersi Felici
Qualche giorno fa, gironzolando tra i reparti della Feltrinelli di Pisa, la ragazza che frequento esprime il desiderio di volermi regalare un libro.
Premetto che non sono un lettore seriale, uno di quelli che continuamente aggiorna la wishlist dei libri che leggerà, e che pertanto ci metterebbe due nanosecondi a scegliere un titolo da farsi regalare.
Decido quindi di prendermi qualche minuto per riflettere e intanto mi guardo attorno alla ricerca di qualcosa che catturi la mia attenzione. Dopo poco ci ritroviamo nel reparto di Filosofia e Psicologia ed è proprio qui che l’occhio mi cade su un nome: Paul Watzlawick.
In un attimo mi ricordo di quando, un mesetto prima, il mio terapeuta mi aveva consigliato la lettura del ben noto Pragmatica della Comunicazione ma il libro che focalizza la mia attenzione ha un titolo diverso: Istruzioni per rendersi infelici. La sinossi recita: “Nulla è più difficile da sopportare di un serie di giorni felici”.
Due minuti dopo sono fuori per le strade della Novella Tebe con il mio regalo a braccetto. Lo sapevate? Terenzio Varrone contava ben 289 definizioni di felicità e così pure Agostino.
Aristotele sosteneva che tutti gli uomini vogliono essere felici ma cercare una definizione univoca di felicità significa infilarsi in un ginepraio. E poi, si sa, la materia delle grandi creazioni è quasi sempre stata fornita, al contrario, da infelicità, disgrazie, tragedie, crimini, colpe, pericoli, follia e quindi, per quanto sia doloroso da ammettere, che cosa saremmo senza la nostra infelicità?
Anche però nel coltivare la propria infelicità, bisogna avere metodo e qui l’autore si sente di correre in soccorso di coloro che vogliono cimentarsi in questa “missione” evidenziando quanto la letteratura sia carente nel fornire indicazioni precise a riguardo e quanto, al contrario, sia sommersa da una marea di istruzioni per essere felici.
Insomma, <<tutti possono essere infelici, ma è il rendersi infelici che va imparato, e a ciò non basta sicuramente qualche sventura personale>>.
Ok, a questo punto dovrebbe apparire chiaro l’espediente narrativo basato sul paradosso adottato dall’autore. Cosa c’è di meglio di una serie di istruzioni che, l’esperienza clinica insegna, conducano inesorabilmente all’infelicità, quando, al contrario, si è alla ricerca di ripristinare il proprio equilibrio? Di un atteggiamento sano alla vita? Quanto, al pari di ciò che la terapia ci esorta a fare, può essere utile conoscere cosa scongiurare?
Watzlawick, usa tutta l’ironia e la competenza che gli deriva dall’immensa esperienza clinica per stilare un instructable di atteggiamenti che se perpetrati ci garantiranno senz’altro una enorme dose di infelicità.
In poco più di cento pagine si affrontano gli argomenti più disparati: il rapporto con sé stessi, con il passato, le insidie dietro un uso improprio del linguaggio, suggestioni, sabotaggi, paradossi, giochi, amore.
Ad esempio, se vi dicessero “prima di tutto, sii fedele a te stesso”, pensereste che quel qualcuno abbia a cuore che coltiviate la vostra personalità. Ma quali insidie si nascondono dietro un atteggiamento del genere? E se foste esortati ad essere sinceri, riconoscereste il paradosso logico che accompagna l’esortazione? E ancora, quale atteggiamento con il passato rende rovinoso il nostro presente?
La vita è un gioco? E la vita di coppia? E se sì, è un gioco a somma zero o un gioco a somma diversa da zero? Conoscete la differenza?
Questo articolo non è il contesto adatto per una disamina approfondita degli argomenti trattati ma semplicemente l’invito a leggere un buon libro.
Chi è in un percorso di terapia sa quanto il lavoro da fare possa a tratti risultare duro (ancorché necessario) ma sa anche che è per la maggior parte delle volte composto da istruzioni semplici, purché si abbia una direzione chiara su cosa praticare e su cosa evitare. Ecco, per l’appunto, molto spesso proprio su cosa evitare.
D.
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