Primo contatto con lo psicoterapeuta: una chiamata che cambia la vita
La vita di ognuno di noi è considerabile come la somma di attimi determinanti; l’unione di scelte fondamentali che, sovrapposte, arrivano a delineare un percorso esistenziale unico ed irripetibile. Momenti decisionali volti a rappresentare strade intraprese con coraggio, svolte radicali di una personale ricerca identitaria: la decisione di intraprendere una terapia è uno di quegli istanti cruciali, l’occasione che avvia un percorso di cambiamentoresponsabile prima, e la volontà di portare avanti attivamente gli effetti derivati da questo proposito poi.
Arrivare a contattare un professionista è, a tutti gli effetti, il primo passo da compiere verso il percorso terapeutico: ciò implica il riconoscimento esatto, da parte del paziente, di uno stato di sofferenza ingestibile a cui può porre rimedio solo il supporto di un esperto. La prima telefonata allo specialista, mossa entro un clima confusionale, determina quel passaggio obbligato verso l’incerto, volontà di una richiesta d’aiuto non più marginale, appello, in sostanza, di un dolore che vuole essere ascoltato e compreso nella sua totalità.
L’inizio di un percorso terapeutico è l’incontro di due mondi e visioni differenti; si attiva così un processo in cui si passa da uno stato di estraneità reciproca all’essere “compagni di viaggio”.L’iter che sancisce l’avvio di questa relazione terapeutica sembra essere scandito da tappe significative che spiegano bene il delicato equilibrio su cui regge, almeno inizialmente, un percorso di cura:
1) Disorientamento: il primo contatto verso il terapeuta nasce da un profondo malessere personale a lungo irrisolto, e dalla sola consapevolezza di tale sofferenza insopprimibile si decide di rivolgersi ad uno specialista. L’individuo, nell’esplicitare la richiesta d’aiuto, vivrà comunque uno stato di incertezza che lo accompagna verso l’ignoto, nella speranza che il bisogno di cura potrà essere accolto in modo soddisfacente dall’estraneo;
2) Anticipazione: la ricerca del miglior terapeuta muove da aspettative importanti, da un intrinseco bisogno di cambiamento personale, per tanto la scelta del profilo ideale verterà su aspetti ritenuti importanti dal paziente: chi detiene maggiori esperienze e titoli o chi infonderà, con il suo approccio empatico, maggior fiducia e senso di accoglienza. Riportando ciò nel setting terapeutico è importante, nel porre le fondamenta di un cammino psicoterapico, che sia il terapeuta che il cliente prendano le misure, imparando a conoscersi vicendevolmente al di là delle reciproche aspettative, ciascuno nell’ambito del proprio ruolo all’interno della relazione. In base alla compatibilità tra cliente e terapeuta si creerà un’alleanza particolare, tradotta nella capacità, da parte dei due componenti della diane terapeutica, di collaborare in vista di un obiettivo comune;
3) Prima rottura nel rapporto terapeutico: ogni relazione significativa implica confronti che conducono ad una crescita evolutiva necessaria; così il rapporto terapeutico, magari fin dalla prima seduta, comporta scontri derivanti da opinioni differenti o resistenze alla cura proposta difficili da sottrarre. La saccenza del paziente dovrà venir meno rispetto le direttive imposte dallo specialista, che saprà come meglio orientare e sviluppare quelle risorse interne all’individuo, nell’ottica di un efficace percorso di cambiamento pensato e strutturato su misura. Se l’instaurarsi di un’iniziale soddisfacente intesa tra cliente e terapeuta rappresenta un elemento fondamentale; è altrettanto importante che esista un buon grado di accettazione e rivalutazione delle proprie credenze da parte del paziente, ben disposto rispetto una futura dialettica terapeutica che potrebbe esprimersi in confronti duri ed accesi, sempre tesi allo sviluppo delle proprie potenzialità evolutive;
4) Abbandono e fiducia nella cura: il paziente, dopo aver preso coscienza dei propri limiti e della possibilità reale di un miglioramento curativo, deporrà gradualmente ogni possibile opposizione al trattamento. L’abbandono ottimistico alla terapia e il senso di accoglienza emanato dal professionista determinano la fiducia di un rapporto sano, la cornice ideale dove mettersi in crisi e riscattarsi dal malessere originario. In sintesi, il terapeuta dovrebbe essere in grado di comprendere il vissuto doloroso del paziente e, contemporaneamente, di proporgli una differente esperienza di sé nella relazione terapeutica; in questo modo si origina una nuova visione del mondo e la terapia diviene strumento di effettivo cambiamento. La premessa di fondo, ciò che spinge ad intraprendere e perseguire un percorso terapeutico, è quindi il desiderio di mettersi in gioco, a nudo, per superare il senso di insoddisfazione attuale e conseguire un futuro migliore.
La relazione terapeutica, in tutta la sua evoluzione, si dispiegherà concretamente su una dinamica rischiosa per il paziente: il cambiamento è desiderato, ma anche temuto, perché implica il modificare le proprie abitudini e il modo di rappresentare la realtà utilizzato fino a quel momento. Lottare attivamente contro le proprie reticenze, schiudersi alle infinite possibilità della vita, accettarsi ed esser pronti a mettersi in discussione, in modo profondo ed autentico, annuncia la risoluzione positiva, la rivoluzione di un rapporto che si fa cura e amore senza bugie.
“Il terapeuta è chiamato ad essere, per il paziente, strumento per contattare il diverso, il nuovo, che, una volta conosciuto, non fa più tanta paura; solo così la vita si apre a nuovi scenari e possibilità.”
Sintesi a cura di Maria Arancio
tirocinante di Psicologia Clinica presso lo Studio Burdi
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