L’abbraccio
La struttura ossea del carattere
Quando abbracci, non ti slanci semplicemente verso una persona,
ma abbracci la sua storia. Abbracci il suo vissuto, la sua sofferenza, le sue fatiche, la sua caparbietà la capacità di cadere e di rialzarsi, quando abbracci una persona abbracci la sua anima, la sua vicinanza a se, alla sua umanità, tocchi a pelle l’ empatia, ma fa vibrare anche te, ti rende migliore, ti lascia tanto più vicino a te. C’è la divinità in un abbraccio.
È un effetto che non lo raccogli solo con chi ti è più vicino, ma innanzitutto con chi non conosci, è tanto più diverso da te, un abbraccio distrugge le distanze, quelle ideologiche, religiose, quelle del buono o del cattivo, del ricco o del barbone, anzi quello più lontano lo avverti tanto più vicino perché la lontananza in un abbraccio azzera i formalismi, sperimenti l’ essenziale, la nudità di essere umani.
L’ abbraccio è irrefrenabile, non è programmabile, tranne nei convenevoli, nasce da una potenzialità calamitosa emotiva, azzera in un istante l’ impossibile, l’ irraggiungibile, i due si ritrovano in uno, diventa un incontro in un numero uno compassionevole. Esso rappresenta la più elevata partecipazione extra verbale alla vita dell’ altro, si fa incastro, sentire profondo, supporto, presa in carico, condivisione, l’ abbraccio è ricevere la sensazione della squadra intorno a se.
L’ abbraccio, più duraturo è, più produce serotonina, ossitocina, gli ormoni del piacere e dell’ amore, rappresenta l’ anti stress, un mio rilassante ed un conforto naturale. Una terapia del dolore.
Esso più dell’ alimentazione, del denaro o del tetto, rappresenta il cibo della rassicurazione, del non essere solo, dell’ auto stima, del patto nelle relazioni. Una persona senza abbracci, sviluppa cattiveria, fobia sociale, anaffettività, si imbarazza e si vergogna per la sua inadeguatezza.
Senza gli abbracci si snatura in una dispercezione ed una distorsione del se corporeo, ci ci si guarda ed osserva di meno, avvia processi dismorgobici. L’ abbraccio possiede una radice onto genetica auto aggregante, è pulsionale ed istintivo; responsabile dell’ abbraccio è la sostanza reticolare del nostro snc, che ricerca insistentemente gratificazioni;
Il bimbo che piange per essere preso in braccio, istintivamente richiede rassicurazioni; nella fase della prima infanzia, le rassicurazioni mancate, dell’ abbraccio, predispongono, nel richiederle per tutta l’ esistenza o al distacco.
Secondo Bion, l’abbraccio rappresenta quel contenitore che placa frustrazioni ed angosce, che in esso verrebbero scaricate e condivise, generando il senso di pacatezza e protezione.
L’ abbraccio rappresenta una forma di dedizione all’ altro, è il punto di confine e di neutralità tra egoismo ed altruismo, la partecipazione diviene congiunzione e disgregazione della solitudine.
La sensazione fobica e fastidiosa della solitudine è la difficoltà di incontrare se stesso, percepito come estraneo a sé, verso il quale avverte la vergogna e l’ imbarazzo tipico per l’ estraneo.
Il primo estraneo che il bambino potrebbe aver subito è la madre o/e il padre distanti, tali da percepire l’ estraneità rispetto a se stessi e pertanto percepire la propria solitudine.
L’ abbraccio, pertanto, in psicologia rappresenta quel primo cibo mentale, l’ amore per sé, fortificante come gli elettroliti, le proteine e i carboidrati, tali da costituire la struttura ossea robusta del carattere del soggetto.
giorgio burdi
Psicologo Bari – Psicoterapeuta Bari