Tanatofobia
Metodo di approccio di psicoterapia dello Studio BURDI
per
SUPERARE LA TANATOFOBIA (LA PAURA DELLA MORTE , OVVERO LA PAURA DI VIVERE)
Cos’è la tanatofobia
La tanatofobia ovvero l’angoscia, la paura di morire, può essere un disturbo fortemente limitante per l’esistenza degli individui che lo sperimentano.
La paura della morte è un’emozione che riguarda ogni essere umano ed è fondamentalmente associata all’istinto di sopravvivenza primordiale.
Tuttavia nella vita quotidiana, alcuni meccanismi di difesa, quali la rimozione, ci consentono di collocare la morte lontano da noi permettendo che tale emozione non pervada i nostri pensieri e non condizioni in maniera significativa le decisioni, le azioni, i pensieri di ogni giorno.
Ciò fintanto che un’esperienza di malattia o la morte di una persona a noi vicina non riapre alla nostra coscienza la consapevolezza della morte, spesso ridisegnando nuove scale di priorità, nuovi significati per la nostra esistenza, insieme a difficoltosi passaggi.
Nella tanatofobia, la paura della morte genera un’angoscia opprimente che impedisce di vivere: qualsiasi azione vitale diventa potenziale portatrice di morte.
Dal punto di vista neurofisiologico la tanatofobia è paragonabile ad un processo difensivo di spegnimento, in cui rabbia, paura, senso di impotenza predominano e in cui il soggetto, incapace di andare avanti, rimane paralizzato in uno stato di immobilità e di paura, come di fronte ad un predatore.
Dal punto di vista psicanalitico, la tanatofobia è riconducibile alla pulsione di morte, così come intesa da Freud, in quanto questa genera l’azzeramento degli stimoli e la ricerca di una pace ideale, irraggiungibile, in cui si realizza la rimozione di tutte quelle situazioni in cui il soggetto può trovarsi desiderante, desideroso di ciò che potrebbe essere negato.
L’angoscia di morte in tal senso non è che l’altra faccia dell’angoscia di vivere e rivela la relazione alla propria esistenza, un’esistenza inappagante e fonte di frustrazione, in cui ci si sente incapaci di avere strategie, in cui l’esistenza è sostanzialmente subita in maniera passiva e si è perso di vista la propria importanza e la propria “competenza” nel vivere. Dominante è il senso di colpa per la mancata realizzazione di sé e l’angoscia per il senso di incompatibilità tra un sé che si è perso ed una vita che ha disatteso le sue aspettative.
Particolarmente nocivi possono essere alcuni contesti socio-culturali che propongono modelli rigidi, rappresentativi di condizioni ideali che poco corrispondono alla realtà soggettiva e alle reali, profonde, uniche aspirazioni dell’individuo, alimentando in alcuni, un profondo senso di inadeguatezza.
Come si cura la tanatofobia
Per il trattamento della tanatofobia è fondamentale costruire in un primo tempo una buona relazione terapeutica mirata a sviluppare nel soggetto la capacità di ascoltarsi profondamente e di relazionarsi alla propria esistenza come ad un’esperienza personale, che richiede continua capacità di adattamento e di elaborazione di strategie di fronte alle frustrazioni. Essa è mirata inoltre ad evidenziare e a valorizzare le competenze dell’individuo, a stimolarne la capacità di mettere in parole il proprio disagio e le proprie paure.
Altro aspetto fondamentale per il trattamento della tanatofobia è la realizzazione di un percorso di uscita dallo stato di immobilizzazione, intimamente legato alla paura.
Questo può essere operato attraverso dei percorsi terapeutici ad-hoc che prevedono la realizzazione di piccole azioni quotidiane gratificanti, in grado di stimolare nel paziente la capacità di individuare, attraverso lo sviluppo dell’attenzione, molteplici fonti di gratificazione nelle attività di ogni giorno. Ciò consente al soggetto di recuperare gradualmente il proprio senso di competenza ed adeguatezza.
Tipicamente, tra questi percorsi vi sono i protocolli mindfulness(1), che propongono la realizzazione di attività semplici, ma significative, effettuate in piena consapevolezza. Questi percorsi sfruttano inoltre la dinamica di gruppo, per rendere più agevole il mantenimento degli obiettivi e favorire l’uscita dalla solitudine in cui è sovente nutrito e alimentato il senso di paura e l’immobilità.
Nel caso della tanatofobia, come anche sottolineato dalla teoria polivagale (2), è importante promuovere nel paziente l’attuazione di meccanismi difensivi più evoluti, legati al coinvolgimento in relazioni sane di tipo supportivo in grado di generare sicurezza, rispetto a meccanismi difensivi di tipo primitivo all’origine dell’immobilizzazione e della paura.
In tal senso anche l’ipnosi può essere un valido strumento d’aiuto: l’utilizzo dell’attenzione condivisa, il tono ed il ritmo della voce, l’utilizzo di immagini metaforiche che emulano la qualità di un’esperienza di attaccamento di tipo sano, sono infatti in grado di generare sicurezza nel paziente, favorendo l’accesso alla consapevolezza delle proprie paure e ad un maggiore controllo dei propri stati ansiosi a queste connessi (3).
Sintesi a cura di
Dott.ssa Laura Cecchetto
Tirocinante di Psicologia
presso lo Studio BURDI
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(1) Tang, Y. Y. (2017). The neuroscience of mindfulness meditation: How the body and mind work together to change our behaviour. Springer.
(2) Porges, S.W. (2017). The pocket guide to the polyvagal
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