Il Silenzio
IL SILENZIO
Il silenzio è tacere, rappresenta l’ assenza di rumori, la pausa fra le note, è la zona d’ombra, l’angolo oscuro, lì dove le immagini non arrivano. Diremmo che è un interruttore, è il poter spegnere, staccare la spina col mondo, con tutto, esso ci impone un incontro ed un ascolto profondo di noi, ci sbatte in faccia noi stessi, può essere accoglienza e quiete, compitezza e contemplazione, o preghiera e raccoglimento.
Il silenzio è il nulla, è il concepimento della vita che sembrerebbe nascere da quel nulla, è il contenimento in un utero materno, la gestazione che raccoglie, è la carezza sopra il ventre, il battito sotto il palmo, il movimento della vita sotto pelle, è il sospiro che contempla la nascita, il grembo che contiene l’ urlo della nascita, il respiro appena percepito, tutto accade nell’ estremo placido silenzio.
È il silenzio a partorire il gemito della vita. Nell’ ascolto, il silenzio fa’ da sfondo, permette di vedere le immagini, le parole, come il passare il gomito sull’alone del vapore di uno specchio, è come il tergi cristallo che spazza via la pioggia dei pensieri che si infilzano addosso come dei detriti; il silenzio è accoglienza, quando c’è la disponibilità a voler mettere il proprio tempo al primo posto, a non farsi ingannare e distogliere dalle interferenze indesiderate e dagli imprevisti.
È accoglienza perché è un abbraccio con sé stessi e mette le mani avanti al mondo; il silenzio è quiete, quando lascia la mano a tutto ciò che è tensione fuori, quando molla con tutte le pressioni, diventa contemplazione e preghiera se cerca di tuffarsi nella propria vita; il silenzio è contenimento di sé, se riesce a scollare di dosso tutte quelle placche di incrostazioni che non sono proprie.
Il silenzio è un rumore bianco che ti ovatta, appare come un vuoto privo di suoni che percepisci lontano, ti ritrovi in un nulla nel quale galleggiare, dove poter dire “io non centro nulla con loro, sono mio”.. immerso come in un fondale, in un deserto ricoperto di dune, nuotare e galleggiare a filo d’ acqua, volare in pieno cielo terso o nuvolo, è planare delicatamente verso il suolo, è il buio dello spazio, è la luce intorno al perimetro dei pianeti, il silenzio è un suono taciuto è quell’ istante prima di addormentarsi, il sonno nella notte.
Col silenzio si rinasce. L’ urlo della nascita irrompe ed infrange il silenzio della casa uterina, irrompe l’isolamento e la solitudine, catapulta nei rumori, nei suoni, sul palcoscenico della vita. Una vita deve essere fatta di parole, di chiasso, di frastuoni, di bla bla bla, di folle che parlano fuori e parlano dentro, di nevrosi e conflitti fuori e dentro di noi, e da un silenzio assoluto, da un vuoto del ventre, all’ ingresso nel caos.
È il silenzio che offre la dimensione e il senso al caos, permette di scegliere e selezionare ciò che è buono e crea il bene. La vita è un continuo sgomitare e farsi spazio a spintoni tra situazioni orride, vacue e sgradevoli, ci impone sempre di fare delle scelte, di circondarci di ciò che è bello, vero, del tesoro sul fondo profondo, rispetto a ciò che violi la nostra esistenza, la derubi o la imbratti, o la deturpi. La vita è una continua ricerca del bello ed una ricarica di significati, considerata la sua temporaneità, tale che se fosse eterna non li cercheremmo.
In questo segmento di tempo limitato, abbiamo l’ansia, di rendere la vita più serena e felice, di non sprecarla o riempirla di oggetti immondi o di persone futili, non c’è molto spazio in essa, per scontati limiti di tempo, se non per tutto ciò che è splendido, non c’è spazio per gli zirconi, strass in plastica, falsi luccicanti. Tutti abbiamo il diritto all’autentico, a tutto ciò che è prezioso.
Ma ci confondiamo, perché le persone non maliziose, credono a tutto, non hanno ambiguità, vedono il bene dappertutto, lì dove c’è anche il male, perché il bene è dentro di loro, non hanno occhiali se non quelli molto luminosi. E chi è molto luminoso, attrae i bui altrui, per farsi illuminare, attrae le notti degli altri e con le notti altrui non si deve affatto scherzare, sono intrise di trappole e pozzanghere che sono dei mari, appaiono ruscelli ma sono fogne che fanno molto rumore e lasciano i loro traumi.
Il silenzio nasce dall’ansia di fare pulizia, di essere più leggeri, di imparare a distinguere, gli angeli dai demoni, tutto ciò che è ambiguo, plagiato, contraffatto, fake, taroccato. Abbiamo bisogno di comprendere, fare chiarezza dentro di noi, selezionare uno ad uno, i sassi dalle pietre preziose. Il silenzio è fare deserto intorno a noi, è un ritorno, all’origine uterina, all’ essenziale, alla gioia di una nascita alla purezza, al non contaminato, alla solitudine di un Eden protetto, questa non va temuta, andrebbe ricercata, perché favorisce l’ordine cosmico dentro di noi, di disintossicarci, di respirare, di rintracciare cosa espellere.
Alle volte siamo vittime di un vortice, affogati dalla quotidianità, dalle sabbie mobili del materialismo, da oggetti accumulati, privi di senso, li rendiamo indispensabili, tutto diventa importante, dimenticando la vita. Nulla è per sempre, solo il viaggio ha la sua certezza, perché la meta è un grossissimo limite. Il segmento del viaggio ha un senso solo se vissuto intensamente e per bene. Recita un post: “ noi abbiamo due vite, la seconda inizia quando ci rendiamo conto di averne una”. Tutto ciò che conquistiamo e abbiamo, non ha lo stesso valore del tempo che abbiamo, è in comodato d’ uso, come la vita, e il problema è, che è un comodato d’ uso affatto che gratuito.
Siamo utilizzatori di beni e di oggetti, ma ci identifichiamo con essi da renderci loro creatori e padroni, onnipotenti e onnipresenti, come fossero d’acciaio, ignorando la loro precarietà e la loro ruggine, il loro decadimento e la temporaneità. Il silenzio ci ricorda che il tempo che abbiamo va speso bene, con molta attenzione e moderazione, vicini a chi lo accoglie e non lo toglie, va vissuto come un viaggio, scegliendo attentamente con chi farlo.
Fortunatamente esistono i sogni, le fantasie, questi li incontri solo nella segretezza del tuo silenzio, nella chiusura del tuo scrigno, in quell’idea migliore di te, da realizzare. Il silenzio è l’incontro con casa nostra, esso è la prima casa dove trovare rifugio, è la nostra baita, la nostra patria, è l’ ardore di un caminetto, la passeggiata sul bagno asciuga.
È l’ incontro con le memorie del tuo sottosuolo, con i sotterranei della tua anima, con l’ indicibile, col tuo numero uno che non smette mai di parlarti, esso è l’ assoluto dell’ incontro con la tua umanità, l’incontro con il tuo nome, quel nome col quale nessun’ altro può confondersi. Ricordati sempre che hai un nome e con esso, nel mondo, ci sei solo tu. Nessuno può entrarci se tu non lo vuoi, sei la tua proprietà, difendila, non c’è parente, amore o amico o estraneo che possa violarla.
Il silenzio decide a chi chiudere o aprire la tua porta. Chi sei, puoi dirlo solo e attraverso il tuo silenzio.
giorgio burdi
ContinuaLa Capacità di Essere Solo
LA CAPACITÀ DI ESSERE SOLO
È spesso opinione comune associare l’essere soli alla solitudine, a una condizione passiva di abbandono e profonda tristezza. L’essere soli assume così connotazioni esclusivamente negative.
La capacità di essere soli, invece, è una condizione positiva, una risorsa. È la capacità di guardarsi dentro, di raccogliersi, il saper stare con sé stessi. Guardarsi dentro aiuta a capire meglio chi siamo, a riconoscere e superare le nostre debolezze e insicurezze, le nostre paure.
L’essere soli è vitale, ci permette di guardare nelprofondo della nostra anima, di ascoltare le nostre emozioni più intime e accoglierle. Ci fa comprendere i nostri bisogni individuali e ci palesa le nostre pulsioni più nascoste.
Saper stare soli ci aiuta a sentirci gratificati da ciò che siamo, a tollerare i nostri difetti e le nostre imperfezioni, a superare i fallimenti. Ci aiuta a sciogliere nodi troppo stretti, a modellare schemi mentali rigidi. Ci permette di essere profondi con noi stessi prima di esserlo con gli altri.
La capacità di stare soli è elemento fondamentale per la costruzione di relazioni sociali: è importante prima imparare a stare bene con noi stessi per poi poter stare bene con gli altri.
D.W. Winnicott associa la capacità di essere soli al silenzio, quel «silenzio interno» che permette di ascoltare e instaurare un contatto profondo con sé stessi, di essere soli con sé stessi.
L’autore, pediatra e psicoanalista britannico, di nota esperienza clinica con bambini e adolescenti, ritiene che la capacità di un individuo di essere solo sia uno dei segni più importanti di maturità nello sviluppo affettivo.
La letteratura psicoanalitica insegna che la capacità di stare soli si sviluppa nel primo periodo di vita.
Secondo Winnicott la capacità di essere solo ha origine dall’esperienza del bambino di essere solo in presenza della madre, ha origine, dunque, dal paradosso di essere solo in presenza di un’altra persona. Definisce questa condizione «relazionalità dell’Io», un rapporto tra due persone, in cui uno o entrambi sono soli, ma la presenza di ciascuno è importante per l’altro.
Winnicott attribuisce alla relazione madre-bambino la responsabilità di sviluppare la capacità di essere solo. La madre ha pertanto un ruolo determinante, rappresenta per il bambino un ambiente sicuro, protetto, che gli permetterà di sviluppare prima «l’Io sono», le basi per la strutturazione dell’identità e dell’individualità, poi di raggiungere «l’Io sono solo», la consapevolezza del bambino della continuità della presenza della madre, del suo prendersi cura, la sicurezza di un ambiente buono e sicuro.
È fondamentale che la madre aiuti il bambino nelle fasi di scoperta della propria autonomia esistenziale supportandolo nella gestione delle proprie ansie e angosce, rendendolo nel tempo capace di rinunciare alla presenza della figura materna. È altresì importante che il bambino sia libero di esprimere le proprie pulsioni e le proprie necessità fisiche e affettive, affinché impari a riconoscerle e regolarle in autonomia.
La consapevolezza del bambino di un «ambiente interno» che lo protegge anche quando è solo, di una madre presente e supportiva, lo renderà capace di essere solo di fatto.
Diversamente, una madre che anticipa i bisogni del bambino non gli consentirà di sviluppare un Sé solido e consapevole. Allo stesso modo una madre che non risponde ai suoi bisogni, genererà in lui la paura dell’abbandono. Entrambi i casi non gli permetteranno di sviluppare la capacità di stare solo bensì alimenterannola sua paura di stare solo.
La madre, quindi, non dovrà mostrarsi né eccessivamente invadente né evitante poiché entrambe le situazioni causeranno condizioni emotive disfunzionali.Sarà necessario stabilire con il bambino una giusta relazione di prossimità che lo faccia sentire al contempo sicuro e libero, e garantire la sicurezza del ritorno dopo un allontanamento o una separazione. Questa sensazione positiva permetterà al bambino di sentirsi al sicuro anche da solo.
Possiamo affermare, pertanto, che la capacità di essere soli è indice di maturità emotiva.
La capacità di essere soli è vivere la solitudine in modo attivo, pienamente consapevoli della nostra individualità e unicità.
Stare con sé stessi è sinonimo di libertà. Libertà di vivere appieno le proprie emozioni che si amplificano, libertà di scavare nella nostra interiorità.
Stare bene con sé stessi permette di cercare relazioni e rapporti autentici; si desidera la compagnia altrui, ma non si è dipendenti.
La capacità di stare soli coincide con la capacità di amare senza possesso, di condividere, di essere empatici. Chi sa essere solo non ha bisogno dell’altro, bensì gode della sua presenza.
La difficoltà di stare soli e di ritrovare sé stessi, invece, minaccia qualsiasi legame, qualunque relazione. Non aver imparato a stare soli grazie alle figure primarie di riferimento e non aver coltivato un corretto equilibrio tra vicinanza e lontananza, potrebbe compromettere l’interpretazione della solitudine vivendola come rischio, come minaccia.
Una percezione interiore e relazionale disfunzionata potrebbe contribuire allo sviluppo di patologie quali il disturbo evitante di personalità, il disturbo della personalità dipendente o altri disturbi legati allo spettro ansioso.
La mancata acquisizione della competenza di stare solo rende l’individuo dipendente, non in grado di relazionarsi al Sé, ma solo all’altro annullandosi completamente. Se non si ha consapevolezza della propria individualità a prescindere dall’altro, a prescindere dal partner, si instaureranno relazioni non sane, disfunzionali.
La capacità di contatto e dialogo profondo con sé stessi è indispensabile per risolvere conflitti interiori, per la costruzione dell’identità, la stabilità del Sé e del Sé relazionale.
La capacità di stare soli si acquisisce dalla relazione stessa, dalla relazione di fiducia che si instaura con l’altro. La capacità di stare soli, dunque, si acquisisce in presenza di qualcun altro proprio come la solitudine implica la presenza di un’altra persona.
_________________
Riferimenti bibliografici
D.W. WINNICOTT, Sviluppo affettivo e ambiente, Roma, Editore Armando, 1974
Sintesi a cura di:
Dott.ssa Elisabetta LazazzeraTirocinante di Psicologia presso lo Studio BURDI