Nel Nome, c’è un Disegno di Vita
«Lo sai, il nome che si porta significa molto. Sai anche che ai malati spesso si dà un nuovo nome per
guarirli, perché col nuovo nome essi ricevono anche una nuova essenza. Il tuo nome è la tua essenza.»
(C.G.Jung – Libro Rosso, p.282)
Dare il nome, avere un nome: rientra tre le scelte più piacevoli demandate ai futuri genitori, a cui
seguono le consuete fantasie legate all’aspetto, carattere e individualità del nascituro. Una decisione
certamente impegnativa, che spesso coinvolge il cuore e la mente dei futuri genitori, portatrice
dell’importanza che cela il significato del nome proprio.
“Nomina sunt omina”: i nomi sono gli uomini. Così gli antichi latini fissavano in origine il concetto per cui i
nomi non sono attribuiti alle cose per pura convenzione, ma hanno un rapporto profondo e misterioso con le cose stesse.
Alla base della scelta del nome, diversi sono gli elementi che conducono all’individuazione dello stesso: alcuni genitori danno maggior rilevanza al significato del nome; per altri è predominante il suono; per altri ancora l’originalità; per molti, ancora oggi, il vincolo rispetto la tradizione familiare risulta
imperativo.
Il suono
“I suoni che abitano dentro di noi, il nome con cui ci chiamano e chiamiamo noi stessi può influenzare
profondamente la nostra salute e il nostro modo di essere. “Raffaele Morelli – Ciascuno è perfetto,
Mondadori 2004, p.65-66)
Il filone della Bioenergetica non ha dubbi: ogni essere umano vive la propria identità ed il suo respiro
anche in rapporto al nome con cui viene chiamato: se il bambino viene chiamato con il suo nome di
nascita, questo diverrà una struttura stabile ed immutabile, sintesi identitaria per eccellenza.
Ogni nome si compone di vocali e consonanti che corrispondono a suoni dotati di particolare risonanza
energetica in specifiche parti del corpo.
Una corrispondenza particolare risulta dal suono vocale del proprio nome, responsabile di stimolare un’apertura respiratoria che inconsciamente attiva echi affettivi ed energetici diversi in base alle vocali emesse. Più approfonditamente: le vocali “A, O, U” toccano gli organi più profondi, muovendo vibrazioni connesse alla gioia ed al piacere della vita, mentre le vocali “E, I” , investono le zone del torace e la testa, promuovendo energie connesse al coraggio ed alle attività mentali.
Tradizione
Il nome come ricordo di un personaggio illustre, deposito di una gloria storica da emulare, o rievocazione di una memoria più vicina, un affetto familiare, un amico scomparso prematuramente.
Portare nel nome il prosieguo di una persona amata o la fama di un’esistenza insigne è un’usanza assai
comune nel nostro paese.
Questa propensione può da un lato portare presagi positivi e augurare al nascituro una vita ricca come quella di cui si fa, involontariamente, carico, ma dall’altro potrebbe innescare processi di identificazione inconsci, minando l’autostima e l’individualità del bambino, intrappolato così nelle vesti, e nel nome, di qualcun altro. Dare il nome dei propri avi significa inserire nel nome piccole immagini ereditate, perpetuare nel ricordo di ciò che è stato e mai più sarà, con il rischio di reiterare un copione familiare destinato a tramontare.
Originalità
Sono molteplici gli studi inerenti i nomi e la loro influenza, su come gli stessi forgiano la vita e le relazioni di chi li indossa nel quotidiano. Una ricerca alquanto particolare sostiene come le persone che
possiedono un nome molto originale vengano ricordate meglio.
Questi nomi potrebbero anche
contribuire ad una maggiore popolarità.
Dare un nome unico ai nostri figli potrebbe essere un incentivo a rinforzare la propria individualità. Il
nome, in questo caso, diverrà quindi molto più che un semplice identificativo. Al contempo bisogna
riflettere anche su un potenziale rovescio della medaglia: non sempre la stravaganza potrebbe risultare gradita a chi la porta non avendola scelta. A farne i conti risultano infatti quei bambini con un’indole più insicura, vittime di una svalutazione rispetto un nome poco rappresentativo, tanto dal fargli avvertire un “difetto” di personalità.
Che nome scegli?
La scelta più giusta allora, la migliore a compiersi, dovrebbe essere quella dettata unicamente dal cuore,
priva di retropensieri, forte nel dono di un’identità che si realizzerà nel tempo in massima unicità: quel
nome che diviene la parola preferita. Conoscere, pronunciare e ripetere il nome come fosse una poesia:
da stringere quando si ha paura, lo si grida quando si è felici, lo si sente quando ci si è persi. Il suono
preferito chiama la persona preferita, irripetibile nel mondo. Lo schiudersi di una nuova essenza, il
battesimo di una storia tutta da vivere e accogliere.
Sintesi a cura di Maria Arancio
Tirocinante di Psicologia Clinica
presso STUDIO BURDI
Il Dolore Non È Per Sempre
IL DOLORE NON È PER SEMPRE
Quante volte nella nostra vita abbiamo pensato : questa notte, questa sofferenza non passerà mai, e poi quando siamo felici, ci sembra normale, scontato, non ci diciamo che bello mi vivo adesso, il qui ed ora, troviamo sempre un qualcosa per rovinarci la festa, il nostro entusiasmo.
Per tutti noi, ogni giorno deve essere un compleanno, dobbiamo festeggiarci ogni istante, fare fuori d’artificio, brindare, ubriacarsi di vita per le azioni compiute, i passi fatti in avanti e anche per il dolore passato o presente, tanto poi passa, passa sempre tutto, può restare il dolore fisico, ma quello morale supera tutto.
Ma una persona si fortifica se attraversa a pieno il dolore, NON scappando da esso, ma percorrendolo e ripercorrendolo ne esce, dovrebbe tuffarcisi dentro per attraversarlo, per arrivare di braccia al bagnasciuga, dopo una sfinita nuotata.
Evidentemente siamo stati per molti anni nella nostra vita numeri due, i numeri nulli, siamo stati delle falsità, ci siamo fatti rendere passivi, e il dolore non passa da mai da solo da un giorno all altro, bisogna accarezzarsi e prendere a pugni, più tempo sei stato in secondo piano, piu hai sofferto e più tempo ci vuole per essere in primo, il numero uno.
Ma, ci vuole tempo, pazienza e presenza a se stessi per affrontare il dolore e solamente una volta superato, lo potrai credere necessario.
Solo elaborando il dolore possiamo recuperare gli anni perduti e capire che di treni persi nella nostra vita non sono poi così tanti, rispetto a quelli ancora da prendere, perché una vita nel dolore è poco conto rispetto agli attimi di vita riscoperti, perché l unico treno della nostra vita è in quest’ora istante, ADESSO , è nel il qui ed ora, miglioralo con la tua presenza.
Angelo CHIONNO
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ContinuaVIVERE IL QUI ED ORA
I pensieri corrono costantemente nella nostra mente su cosa fare domani, cosa fare per pranzo, cosa mi è successo ieri, cosa mi ha detto questa persona mesi fa e con la quale sono ancora offeso… non lasciando quasi spazio al momento presente.
Di solito facciamo le cose in modo automatico: lavare i piatti mentre facciamo la lista della spesa nella nostra mente, lavare l’auto mentre cantiamo una canzone… senza notare veramente le sensazioni di ogni momento. Anche quando andiamo a fare una passeggiata, spesso non sentiamo nemmeno il suono degli uccelli perché siamo immersi nei nostri pensieri.
Tuttavia, vivere pensando sempre al passato o al futuro crea in noi un’enorme sofferenza. Pensare troppo al passato ci provoca impotenza per cose che non possiamo cambiare, senso di colpa per qualcosa che abbiamo fatto o rabbia per qualcosa che qualcuno ci ha fatto in passato, questo ci impedisce di crescere, mentre pensare troppo al futuro crea ansia. Il potere della mente è così grande che se non la controlli, in meno tempo di quanto pensi ti controllerà. I pensieri negativi ti invadono fino a diventare vittima del passato, che non è più nelle tue mani, e del futuro, che quasi mai accade come speriamo.
C’è un libro molto famoso di Eckhart Tolle chiamato “Il potere di adesso”, la cui filosofia si concentra sull’idea di vivere il momento al massimo. L’adesso è l’unica cosa su cui abbiamo il controllo assoluto, così l’ansia e la preoccupazione di non avere il controllo nel futuro si dissipano.
“Non bisogna pensare al futuro se non stiamo bene nel presente. È come correre con una gamba” – Giorgio Burdi
Un buon esercizio per concentrarsi sul momento presente è diventare consapevoli delle sensazioni di ogni momento: la sensibilità della nostra pelle quando tocchiamo un capo d’abbigliamento, i suoni che stiamo sentendo in quel preciso momento, il colore e la consistenza degli oggetti intorno a noi…. Questo esercizio ci permette di concentrarci su questo preciso momento, dissipando i nostri pensieri.
In breve, coltivando e curando il nostro presente, coltiviamo e favoriamo il nostro futuro. Un futuro più sano, più felice e più consapevole dell’importanza di assaporare il momento.
— SPAGNOLO —
Por nuestra mente están continuamente rondando pensamientos acerca de qué haré mañana, qué tengo que hacer de comer, qué me pasó ayer, qué me dijo esta persona hace meses y con la que aún estoy ofendida… sin dejar casi espacio al momento presente. Normalmente hacemos las actividades en automático: fregar los platos mientras repaso la lista de la compra, lavar el coche mientras canto alguna canción en la cabeza… sin realmente darnos cuenta de las sensaciones de cada momento. Incluso a la hora de dar el paseo muchas veces ni escuchamos el sonido de los pájaros porque estamos inmersos en nuestros pensamientos.
Sin embargo, vivir siempre pensando en el pasado o en el futuro crea en nosotros un tremendo sufrimiento. Pensar demasiado en el pasado nos provoca impotencia por las cosas que no podemos cambiar, culpa por algo que hicimos o rabia por algo que alguien nos hizo en el pasado, lo que nos impide crecer, mientras que pensar demasiado en el futuro nos crea ansiedad. El poder de la mente es tan grande, que si no la controlas, en menos de lo que piensas ella te controla a ti. Los pensamientos negativos te invaden hasta convertirte presa del pasado, que ya no está en tus manos, y el futuro que casi nunca sucede como esperamos.
Hay un libro muy famoso de Eckhart Tolle llamado “El poder del ahora”, cuya filosofía se centra en la idea de vivir el momento a plenitud. El ahora es lo único sobre lo que tenemos control absoluto, por lo que la ansiedad y la preocupación por no tener el control en el futuro se disipan.
“Non bisogna pensare al futuro se non stiamo bene nel presente. È come correre con una gamba” – Giorgio Burdi
Un buen ejercicio para concentrarnos en el momento presente es hacernos conscientes de las sensaciones de cada momento: la sensibilidad de nuestra piel al tocar una prenda de ropa, los sonidos que estamos escuchando en ese preciso instante, el color y la textura de los objetos que nos rodean… Este ejercicio nos permite enfocarnos en este preciso instante disipando nuestros pensamientos.
En resumen, cultivando y cuidando nuestro presente, estamos cultivando y favoreciendo nuestro futuro.
Maria Luz Romero
Laureanda in Psicologia Clinica Universidad De Murcia Espana Tirocinante Erasmus presso lo
Studio BURDI
Il “peso” di certe relazioni
Il “peso” di certe relazioni
Due immagini apparentemente opposte,ma con una cosa in comune: L’ ossessione per il cibo. Siamo soliti giudicare un corpo, senza capire che c’è tanto altro al di là del peso.
I disturbi dell’alimentazione sono al giorno d’oggi molto frequenti,si manifestano sotto forma di modificazioni del peso, che può essere eccessivo (obesità), eccessivamente ridotto (anoressia).
Questi disturbi sono un sintomo di un malessere sociale a livello dell’identità e delle relazioni affettive.
Chi soffre di questo tipo di disturbo spesso sviluppa una vera e propria ossessione nei riguardi del cibo e del peso: mangiare, non mangiare, mangiare troppo, eliminare il cibo, nascondere gli incarti, mangiare di nascosto, mangiare per tristezza, rabbia o solitudine…
Soffrire di un disturbo dell’alimentazione sconvolge la vita di una persona e ne limita le sue capacità relazionali, lavorative e sociali. Per la persona che soffre di una disturbo dell’alimentazione tutto ruota attorno al cibo e alla paura di ingrassare.
Cose che prima sembravano banali ora diventano difficili e motivo di ansia, come andare in pizzeria, pub ect. I DCA possono essere concomitanti ad altri disturbi: in particolare depressione, i disturbi d’ansia, l’abuso di alcool o di sostanze, il DOC disturbo ossessivo-compulsivo e i disturbi di personalità.
Quindi prima di giudicare, pensiamoci, c’è tanto altro al di là del peso ! C’è il peso o la leggerezza delle pseudo relazioni affettive. Se solo sapessimo i mostri, paure che hanno dentro, prima di sparare giudizi.
Regina
ContinuaCHANGE: L’ Arte di migliorarsi
CHANGE
L’ Arte di cambiare per star bene
Uno studio recente della Duke University ha attestato che il bruco comprende di esser giunto al momento della muta, quando avverte una sorta di “fame d’aria”. Il suo corpo inizia a diventare più grosso, ma l’apparato respiratorio e, in particolar modo, la trachea non varia assolutamente di dimensione. Si è verificato che il momento del cambiamento prende avvio, così, da un sintomo fastidioso.
In parallelo, Otto Rank, negli anni venti del secolo scorso, parlò, in termini psicanalitici del trauma della nascita: la prima cosa conosciuta, dal neonato, è il dolore del mutamento, del passaggio dalla sicurezza dell’utero materno all’ostilità e alla freddezza del mondo.
Il cambiamento comporta dolore. Lo si trova inciso nella legge naturale ed intraprendere un cammino psicoterapeutico è trovarsi faccia a faccia con la propria sofferenza, perfino con la remissione di alcuni sintomi, se non con il riaffacciarsi del disturbo che ci ha spinto a chiedere aiuto allo specialista.
Curare la ferita fa male, ma il dolore non può costringerci a restare bendati a vita.
È un primo passaggio del cambiamento, su cui parecchi ciarlatani marciano, proponendo ai pazienti, nuove e miracolose cure per la completa dissoluzione delle difficoltà che li affliggono. Basta girare le strade di internet per fare esperienza delle soluzioni più disparate: dalla sicura virilità ottenuta grazie a antiche bacche indiane, alle portentose boccette di ossigeno dell’Himalaya, alla dieta anti-ansia, all’elisir di lunghezza e così via.
Ci marciano anche i dottori usciti dalla cosiddetta Università della vita che con un solo seminario sul monte Vattelappesca, per cifre esorbitanti, rimuovono dall’inconscio ogni impurità e atavica calcificazione. Ognuno è libero di cambiare continuamente terapia, ma egli stesso noterà che, a breve o lungo termine, seppur sotto un’altra luce, le cose continueranno a non cambiare. I comportamenti di “auto-sabotaggio” servono solo a dilatare i tempi di una terapia efficace e risolutiva.
La resistenza al cambiamento va vissuta e ricompresa solo nell’ottica di quello che si è acquisito durante le singole sedute di psicoterapia, non può essere altrimenti, anzi, questa breve insofferenza è l’unico riscontro tangibile che si sta procedendo verso una positiva ristrutturazione del pensiero, una strada nuova rispetto alle soluzioni provvisorie che la mente ha saputo darsi fin qui.
Bisogna scavare, assestarsi, “generare risposte emotive alternative” (come dice la terapia emozionale di Greenberg) per consolidare il processo iniziato con lo psicoterapeuta.
Accogliere il dolore del cambiamento è imparare a non arrendersi, a mettersi in gioco; è imparare a rialzarsi, a sfidare paure e timori con la pratica della semplicità, ovvero, trovando dentro di noi, la risposta ai sintomi delle varie difficoltà, siano esse ansie, fobie, problemi di coppia, tristezze, lutti o difficoltà sessuali.
Non cerchiamo in eterno ciò che ci potrebbe far rivivere. Ad ogni uomo basta vivere. Per ogni vita c’è un solo uomo.
Continua
Saper dire di NO
Saper dire di NO.
La sindone dello Yes Man
Ogni giorno assecondavo le richieste di tutti. La famiglia, gli amici e i colleghi sapevano già che la mia risposta sarebbe sempre stata affermativa e io ogni volta con un bel sorriso stampato sul volto pronunciavo il mio SI .
Dovevo rendermi sempre disponibile. Ero considerato altruista e generoso e non potevo disattendere le aspettative degli altri. Il mio obiettivo di vita era aiutare il prossimo… o aiutare me nel fare così ?
La mia era diventata una missione, una predisposizione quasi sovrannaturale. La gente intanto mi apprezzava. Il consenso sociale mi faceva sentire bene, un bel ritorno e contraccambio affettivo.
Con l’avanzare degli anni e con l’aumentare delle richieste di aiuto sempre più insistenti e fuori luogo notai che quando vedevo gli altri avvicinarsi per chiedermi qualcosa,
mi agitavo, percepivo calore sul viso e quando dicevo SI, mi assaliva l’ansia perché così sarei stato costretto a occuparmi di un nuovo impegno altrimenti avrei deluso il richiedente e ciò non doveva assolutamente accadere de essere deluso. Mi caricavo di ansie e di fatiche vivendo da sempre così e non avendo mai tempo per me. Magari io potevo pur essere deluso, ma senza aspettarmi mai nulla dagli altri.
Non potevo andare avanti così, mi ero ridotto allo stremo delle mie forze pur non avendone consapevolezza di tale meccanismo.
Mi sono rivolto alla psicoterapia per risolvere alcuni problemi e un giorno che il dottore parlò del numero 1 che è il nostro vero se, e del numero 2, la considerazione assoluta degli altri dentro e fuori di noi, presenti entrambi in ciascuno di noi, allora realizzai quello che succedeva in me.
In pratica il numero 1 sarebbe la nostra reale personalità, il nostro IO, che vorrebbe emergere e che invece noi facciamo tacere per dare spazio al numero 2 che ubbidisce alle regole della società, al senso del dovere, che si allinea alle convenzioni e cerca irrimediabilmente il consenso sociale.
Concretizzavo finalmente di aver sbagliato tutto sino a quel momento, amarmi attraverso gli altri e il loro consenso, distruggeva la mia autostima.
Capii che ero totalmente dipendente dagli altri, dal loro riconoscimento e sebbene sapessi in fondo al mio cuore di sentirmi spesso usato, sfruttato il mio numero 2 rispondeva sempre di SI a chiunque, perché io senza gli altri non avrei avuto ragion d’essere. Il mio non era assolutamente un SI sincero.
Il mio SI era un obbligo. Dovevo piacere a riti i costi agli altri, dovevo occuparmi della mia famiglia, dovevo essere collaborativo con i miei colleghi, DOVERE, DOVERE, DOVERE.
E io? Il mio numero 1, sempre dopo, da parte, mai presente.
Quella seduta fu illuminante. Avrei dovuto cambiare qualcosa. Dovevo provare a dire il mio NO sincero. Non era facile però per un assistenzialista come me imparare a dire NO. Dovevo essere più leale con me, esprimere il mio parere, prendere una posizione attiva.
Dovevo dare spazio finalmente a questo numero 1 che probabilmente non aveva mai proferito parola. Basta la passività, basta essere succubi della società. Volevo autodeterminarmi.
Iniziai quindi a dire quei NO veri con grande difficoltà. Subentrava spesso il senso di colpa per non aver aiutato qualcuno. Però d’altro canto iniziavo a sentirmi meglio. Diminuirono quelle ansie, quella agitazione. Sapevo quindi che stavo perseguendo la strada giusta. Incomincio ad esistere anch’ Io.
Realizzai che questo malessere che percepivo mentalmente e fisicamente era provocato dal mio numero 1 che si dimenava ed affogava dentro di me ogni volta che dicessi SI. Dovevo dare importanza a queste reazioni. Dovevo soffocare il numero 2 e lasciare spazio a me.
Quando dicevo NO mi accorgevo di recuperare un pezzo di vita. Mi sono ritrovato sgombro di pensieri e di affanni legati al mio mondo esterno. Avevo più tempo per me e potevo finalmente lavorare sulla mia persona e riprendere la mia progettualità.
Provavo soddisfazione a dire NO a quelli che fino a qualche tempo fa credevano di controllarmi e adesso prendevano coscienza del mio essere.
Gli altri non puoi portarteli a spalla se non imparano a fare qualcosa per se, come sto imparando io.
Mi circondavo di persone giuste che veramente mi volevano bene e non approfittavano della mia generosità.
Oggi mi dedico alle mie passioni. Progetto la mia vita senza dipendere da nessuno. Sono più libero e determinato.
Mi reputo sempre altruista ma sono consapevole che non si possono aiutare gli altri se prima non si sta bene con se stessi. Ho preso Nuovamente le redini della mia vita.
Ringrazierò sempre il NO per il forte potere terapeutico che ha avuto in me. Il NO è il primo passo per l’autodeterminazione, è fondamentale per l’emancipazione ed è la più forte espressione di protesta esistente che aiutano gli altri a lavorare su se stessi.
Bisogna partire dal NO per riconquistare la propria vita e per aiutare gli altri a prendersi cura realmente di se, perché il vero aiuto che possiamo dare al prossimo non è l’ assistenzialismo, ma lasciar intendere di lavorare su se stessi, come per me, per migliorare.
marcello
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